Via il corno della discordia
Se ti propongono qualcosa che non condividi, che ritieni sbagliata o comunque negativa i modi di dire alla buona ti suggeriscono un convincente “Mica l’ha ordinato il medico”. La frase si addice perfettamente al caso “corno” di sessanta metri che dovrebbe svettare nella via Caracciolo dove un anno fa fu installato un obbrobrioso albero natalizio, flop che avrebbe dovuto scoraggiare repliche a vario titolo. E invece, Napoli si è destata dopo il poltrire invernale con la notizia choc di una geniale idea. Eccola in sintesi: è un caso se lo iettatore Totò tutto vestito di nero, ebbe successo nella parte di iettatore. Nell’esilarante film e in altre performance ripeteva litanie scaccia iella: “Uocchio, malocchio,frutticielle a ll’uocchio, prutusino e ffenucchio” e “aglio,fravaglie e ffattura ca nun quaglia cap’ ‘alice e capa d’aglio, cuorno e bicuorno”.
Ancora oggi nella Napoli popolare circolano poveri cristi che spargono incenso nelle botteghe per scacciare gli spiriti del male e venditori deambulanti di cornetti rossi. Cornetti non mancano nei mazzi di chiavi e non pochi napoletani toccano il proprio nella tasca dei pantaloni per mandar via la sfortuna. In San Gregorio Armeno le varietà di corni sono infinite e sul tema si cimentano affermati artisti. Chi conosce superficialmente la città si chiede se è abitata da un milione di sciocchi superstiziosi e deve esserselo chiesto anche l’imprenditore che dopo l’incarico di installare l’albero sul lungomare ci riprova con il corno di sessanta metri. Sul tema si sono cimentati cittadini qualunque, con lettere al direttore e intellettuali a vario titolo: tra gli altri Sgarbi, Niola, Achille Bonito Oliva.
I “no”, decisivo il recentissimo della Sovrintendenza, sono prevalenti non totali. Comunque, il corno in via Caracciolo non racconterà il mito della superstizione dei napoletani ma da qualche dovrà essere ospitato perché il progetto è stato approvato istituzionalmente. Tra le ipotesi in campo c’è la stazione marittima che riproporrebbe il ruolo di pessimo biglietto da visita per i turisti o l’ex Ilva di Bagnoli, ma sarebbe una vera provocazione, considerata la iattura dell’aera inutilizzata da trent’anni.
Chissà, forse le pendici del Vesuvio, dove l’avidità dei costruttori ha edificato agglomerati urbani a rischio eruzione. Sarebbe un monito per spingere gli incoscienti a non contare sugli scongiuri per affidarsi a seri piani di evacuazione in caso di pericolo. In futuro si rifletta con la calma dei saggi sull’offerta invernale per la città e il turismo, a cominciare dalla normalizzazione della via Caracciolo, liberata dall’aspetto di sagra paesana e rigenerata come grande, accogliente ed elegante boulevard litoraneo.
Luciano Scateni
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