Che vigliaccheria sia uno di tanti sinonimi dispregiati del fascismo è certo e non richiederebbe spiegazioni. Manganellare persone inermi, privarle della libertà, infliggere l’insulto dell’olio di ricino, sono appunto violenze di frustrati, privi di coraggio, forti con i deboli e deboli con i forti. Equivale a far esplodere un ordigno in una chiesa, un asilo, una discoteca azionando un comando a distanza che uccide innocenti. Sono sicuramente codardi gli imbecilli che mischiati a folle di ultra facinorosi, insultano i calciatori con la pelle scura. E’ una buona ragione condannare e punire con sanzioni esemplari chi si macchia di apologia del fascismo? Lo è. Altrimenti l’Italia dell’antifascismo, della resistenza, della democrazia, abiurerebbe ai valori su cui poggiano i fondamenti della Costituzione. La tolleranza per “quieto vivere” rischia al contrario di involvere in complicità e la spavalderia impunita dei neofascisti che per le prime volte hanno salutato con il braccio teso li ha convinti a un’escalation di gesti e atteggiamenti apologetici, prologo di azioni violente. Prima gruppo sparuto di nostalgici del regime, poi assoldati da “Lealtà azione” e “Casa Pound”, i neofascisti, tra violenza e prevaricazione, interpretano il ruolo di “braccio armato” della destra, a sostegno di formazioni partitiche costole del Movimento Sociale. Il 25 Aprile la destra neofascista ha sfidato i divieti del sindaco Pisapia, di Prefettura e Questura, che vietavano di adunarsi al Campo Dieci del Cimitero Maggiore di Milano dove sono sepolti volontari italiani delle SS: saluto romano collettivo, slogan e musiche del regime dinnanzi alla chiesa Nereo e Achilleo. teste rasate, anfibi, bomber, braccia levate all’unisono come alle adunate di Mussolini, tatuaggi di croci celtiche, fasci littori, simboli del neonazismo e dal palco proclami in puro stile fascista. Parole d’ordine? Fedeltà, onore, coraggio, audacia e in risposta a una specie di appello “Camerata”. Dov’erano le forze dell’Ordine per far rispettare la Costituzione? La permissività ha conseguenze gravissime, spregevoli, raccontate ogni giorno dalla cronaca: violenze su donne, bambini, anziani e disabili, bullismo, xeno e omofobia. Nel corso di Cagliari-Pescara, incontro domenicale di calcio, il pubblico di “fede” razzista insulta il calciatore Muntari che protesta con l’arbitro Minelli per i “buuu” del pubblico e chiede che la partita sia sospesa, decisione che gli spetta. L’arbitro fa tutt’altro e lo ammonisce per essersi di rivolto al pubblico, per aveva dialogato con obiettivi di pacificazione e regalato la maglia da gioco a un bambino che lo aveva ingiuriato ripetendo gli insulti del padre, magari senza capirci niente. Muntari è uscito dal campo per protesta, si è autosospeso. Gli stadi, alcuni in particolare, sono territorio di ultra della destra responsabili di vittime del razzismo, fra gli di E’to, Koulibaly e di altri calciatori di colore. Gli arbitri sono legittimati a sospendere le partite per metter fine a cori e ingiurie, ma evidentemente non il signor Minelli. Responsabilità collaterali, lo denuncia De Laurentiis, sono dei media del Nord, portavoce quasi esclusivi di Juve, Milan, Inter. Forse il presidente del Napoli esagera nel definirlo odio nei confronti del Napoli e di Napoli. Per sapere che subisce un’odiosa discriminante, basta sfogliare la “Gazzetta dello Sport”. Deve farsene una ragione il quotidiano sportivo del Nord viziato di faziosità, dovrebbe farsene una ragione il neofascismo: tentativi di rigurgito mussoliniano sono stati compiutamente contrastati al tempo di Tambroni, dei falliti colpi di Stato, di Gelli, delle tentazioni dittatoriali. Ai Muntari, Koulibaly, Eto'o, il calcio dovrà sempre di più e così all’antifascismo.
Luciano Scateni
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