Per conoscere cosa escogiteranno i quaranta partiti e partitini che affollano il pianeta della politica italiana per finanziare i costi esorbitanti coperti dal finanziamento pubblico, progressivamente azzerato, tolto dalle loro grinfie fameliche? La condizione di indigenza, conseguente al mancato flusso di denaro degli italiani, ha rivelato, cartina di tornasole dell’esperimento “per vedere l’effetto che fa”, lo stato di depressione finanziaria del sistema partito. I tesorieri con vocazione all’ottimismo e convinta autoreferenzialità inizialmente hanno scrollato le spalle, certi che il popolo dei partiti di appartenenza avrebbe supplito con finanziamenti privati. In tutt’altra direzione l’accaduto: nelle casse il “bottino” è piombato nel baratro di un meno 61%. Ci voleva la zingara, con ricorso all’infinito patrimonio della canzone napoletana per capire che la disaffezione degli italiani, sotto qualunque bandiera di partito, ha toccato il culmine del disgusto? Con i distinguo del caso, perché ha colpito meno, ovvio, molto meno, populisti e qualunquisti. Il flop è comunque generale. Donazioni? “C’era una volta un re…” Si sono raccontati una favola a lieto fine segretari di partito e tesorieri, e li ha colti un inaspettato stupore al brutale risveglio per la mancata adesione all’appello. Il due x mille inventato per coprire il buco dei rimborsi elettorali? Un fallimento, compensato solo da una piccola parte degli emolumenti degli eletti. Sono vicini all’asfissia i partiti e l’effetto indesiderato della crisi ricade sul personale, ridotto o addirittura abolito, sulle sedi (sempre meno prestigiose), sui tagli ai costi della campagne elettorali. La cura dimagrante, che avrebbe dovuto imporre un calmiere generale alla politica, è senza dubbio zoppa. Se alle spalle hai un finanziatore cointeressato, è il caso di Berlusconi, no problem. Una manciata di milioni per il suo impero finanziario sono quisquilie e solo per esemplificare le possibilità dell’ex cavaliere di tappare i buchi di bilancio di Forza Italia, ecco la decisone della magistratura e gli accredita un’ottantina di milioni che la moglie Veronica dovrà restituirgli.
Non c’è da stare allegri per il Pd e i suoi turbolenti aggregati. E’ insanabile la frattura tra gruppo dirigente, attivisti e popolo della sinistra, quello che finanziava l’Unità e le sue feste, che comprava il giornale di partito venduto porta a porta, che finanziava le sezioni.
Non piange Fratelli d’Italia. Il neofascismo è solidale. Unica speranza: che un digiuno prolungato ghigliottini l’incredibile pletora dei quaranta tra i partiti e partitini. Grazie al loro quotidiano proliferare, hanno trasformato le schede elettorali in un lungo lenzuolo elettorale.
Un corollario dii non poca sostanza al discorso di fine anno del presidente della Repubblica è certamente il monito ai partiti di sostituire le parole con i fatti. Entrerà da un orecchio e uscirà indenne dall’altro? Molto probabilmente sì. E’ caccia aperta al voto con le armi più becere dell’inganno, sistematicamente smascherato in tutti i dopo elezioni. “milioni di posti di lavoro”, “tagli alle tasse”, “giù l’età anagrafica per andare in pensione”, “aumento degli assegni previdenziali”. C’è poi chi promette un referendum per tornare alla lira, chi propone di uscire dall’Europa, il reddito di cittadinanza erga omnes, eccetera, eccetera. Tutti ballon d’essai impraticabili. Svuoterebbero le casse dello Stato, già alle prese con bilanci paurosamente in rosso. Ha istituzionalmente ragioni da vendere Mattarella, il voto è un diritto dovere inalienabile della democrazia, ma gli remano contro in tanti e il partito dell’astensione è destinato a crescite inarrestabili
Luciano Scateni
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