Articolo pubblicato il: 13/11/2016 09:32:53
Rimane racchiusa nel libro delle leggende l’impresa del piccolo Davide che sconfigge il gigante Golia. Il perché è nella stringente logica dei numeri. L’Italia doveva assolvere al compito di liquidare il Liechtenstein, nome di rara frequentazione anche nel mondo del pallone. Il consulto on line racconta che il Paese in riva al Reno è lillipuziano. Su una superficie di 160 chilometri quadrati, come dire non moltissimo di più della distanza Roma-Napoli, la quarta nazione più piccola d’Europa è abitata da circa trentamila anime, quante ne conta un quartiere di media dimensione delle metropoli e molti meno del Vomero, rione napoletano di dimensioni pari a città come Avellino. La collocazione dell’avversaria nel ranking della Fifa? Al posto numero 183. Per riempire lo stadio della capitale Vaduz di soli tremila spettatoti, dalle vicine Svizzera e Germania sono venuti in aiuto millecinquecento italiani. Altro? Il minuscolo staterello non ha neppure un inno nazionale e si è appropriato di quello inglese e meno male, con parole diverse. Più che Davide e Golia si deve scomodare il detto del gatto che gioca con il topolino. Mister Pauritsch, Ct dei nostri avversari, impiega un tempo intero per disporre la squadra in efficace antagonismo all’Italia giovane di Ventura e nel frattempo incassa quattro gol (Belotti, Immobile, Candreva, Belotti). La speranza di emulare la Spagna dell’otto a zero non sembra una chimera e galvanizza in vista del redde rationem che potrebbe definire primo e secondo posto del girone con la migliore differenza gol. All’Italia non par vero di aggredire l’avversaria senza una vera opposizione e intimorisce il Liechtenstein con un gioco tecnicamente cento volte superiore. Tutto facile, mai un pericolo, neppure minimo per Buffon, notevole l’intesa Immobile-Belotti e la regia di Verratti che somiglia sempre alla maestria di Pirlo. Molto positivol’esordio del baby Zappacosta. Gli azzurri esibiscono possesso e buon giro palla, pericolosità e superiore velocità, prezioso antidoto alla temperatura che va giù a meno cinque gradi. Il 4 a 0 del 45° sembra rispettare l’obiettivo di raddoppiare il numero di gol per pareggiare il conto con la Spagna ma è mera illusione perché nella ripresa l’Italia smarrisce tutto il bene messo in mostra nella prima frazione di gioco, Pauritsch capisce finalmente che i pericoli vengono dall’onda d’urto centrale sull’asse Belotti-Immobile ed erige una barriera efficace. La squadra brillante che ha entusiasmato i millecinquecento italiani mostra il volto peggiore: poche verticalizzazioni, ali tarpate, errori di impostazione, ridotta pericolosità. I nostri ospiti prendono coscienza di poter fermare l’emorragia di gol e moltiplicano le energie antagoniste. Ventura decide di spostare il baricentro della squadra, con un “avanti tutta” affidata all’attacco a quattro (Immobile, poi Zaza, Belotti, Insigne, Eder) ma il gioco rimane fiacco, se si escludono concretezza e creatività di Insigne. Il bottino dell’Italia non si incrementa, e contemporaneamente arriva la notizia della Spagna che segna tre gol alla Macedonia (l’Italia ne aveva fatto uno solo). Per il primato del girone agli azzurri non resta che vincere contro Iniesta e compagni, cosa di non poca difficoltà. Non è noto se Ventura tenesse nascosto in panchina il pallottoliere per segnare l’entità dell’auspicata goleada e comunque gli sono bastate le dita di una sola mano.
Luciano Scateni