E’ inguaribile il degrado della società e purtroppo, nella prima fase del terzo millennio, sembra crescere con impressionante continuità. E non c’è medicina per sanare la radicale convinzione della larga parte di italiani che imputano ai politici del menefreghismo la condizione di mestieranti autoreferenziali, intenti solo a trarre profitti personali, sordi a ogni richiamo al compito istituzionale di “servire il popolo” che li ha eletti.
Ed è da nausea il resoconto quotidiano del grande caos che agita i partiti. L’uno contro l’altro armati, si fingono ipocritamente uniti in sante alleanze, spudorati araldi di proclami in esclusiva chiave pre-elettorale che sparano promesse di lavoro a cifre milionarie, impossibili quanto l’annuncio di tagli drastici alle tasse e garanzie totali di sicurezza dei cittadini. C’è davvero chi pensa che la lotta intestina Renzi-D’Alema sia espressione di posizioni ideologiche distanti, che le schermaglie a tratti violente nel centrodestra attengano a diversità pragmatiche su progetti di governo? Sbagliato, sono dispute di potere personali o di corrente. E’ plausibile la proliferazione di partitini senz’arte né parte che dicono di interpretare qualcosa come quaranta sfumature di sinistra-centro-destra? Sbagliato per dirla alla Gino Bartali, tutto sbagliato. Sarebbero mille e una le ragioni per dimostrarlo e ne scegliamo solo una perché la scomparsa recente di don Riboldi le conferisce il titolo di caso emblematico, di evento estremo per testimoniare la citata, criminale strafottenza della politica.
Era il 1968 (notte tra il 14 e il 15 Gennaio) quando la terra ha tremato in Sicilia con forza devastante: 410 morti, mille feriti, centomila sfollati: il Belice, l’abbandono dello Stato, la coraggiosa protesta, il viaggio della contestazione a Roma, in testa don Riboldi, le immagini di distruzione e di un’inutile, costosissima, futuribile sopraelevata che non unisce niente. Il Paese di Poggioreale ridotto a un cumulo di macerie, un fantasma abbandonato da dio, dai giovani, dallo Stato. Da cinquant’anni un centinaio di famiglie sono ancora in attesa dei contributi per la ricostruzione. E’ da scandalo l’arteria stradale edificata per collegare la valle del Belice all’autostrada del mare e allacciarsi all’autostrada Palermo-Sciacca. Opera incompiuta in dieci lustri: dopo una decina di chilometri si conclude nel niente della campagna. Solo incapacità reiterate dei governi che hanno speso poco e male in Belice, colpevole inerzia, segnali di discriminazione razzista (per il terremoto in Friuli il doppio delle risorse)? O semplicemente neghittosità, appunto menefreghismo?
E’ un marasma ad avvolgere il sistema imperfetto dell’Italia politica e il disorientamento è sentimento comune, diffuso, che gli annunci di ripresa e di aumento del numero degli occupati non attenuano. Il Paese rimane esemplare testimonianza dell’ingiustizia universale, del mondo fratturato a metà in cui coesistono tragicamente ricchezze e povertà, dove il capo degli Stati Uniti è ritenuto dagli psichiatri del suo Paese uno squilibrato mentale, ma rimane saldamente insediato nella Casa Bianca a far danni. Un pianeta che corre verso il suicidio ambientale, dove uno squinternato pseudo comunista nordcoreano “gioca” con il bottone che aziona bombe nucleari e il mondo sta a guardare con “”viva” e inutile paura, dove l’aggressione israeliana ai territori palestinesi è avallata da mezzo mondo e dove monta un’onda di destra xenofoba, ultra nazionalista, dittatoriale. Come può mai condividerlo l’uomo a dimensione di pacifica normalità? Di riflesso, come potrebbe mai ritrovarsi con motivate ragioni nella giungla “mors tua, vita mea” della partitocrazia italiana? Disfattismo? Eh, no…pessimismo della ragione.
Luciano Scateni
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