Articolo pubblicato il: 15/09/2016 10:05:03
Pinochet venezuelano? Lo pensa e lo scrive Di Maio
E’ di dominio pubblico. Il vicepresidente della camera dei deputati, al secolo il grillino Luigi Di Maio, non è laureato. Poco male, non è detto che il massino titolo di studio equivalga al top della conoscenza. E però, contiamo su un’indagine che sveli il livello di scolarizzazione del Di Maio, per capire se ha perlomeno superato il primo scoglio delle elementari. L’ attesa è legittimata dalla clamorosa gaffe del membro del cosiddetto direttorio che per insultare il premier Renzi lo ha omologato al dittatore Pinochet, reo di atroci violenze e uccisioni di cileni dissidenti. Il nostro, si fa per dire, affibbia all’autore di torture e desaparecidos in Cile la nazionalità venezuelana. Ho cercato la controprova dell’ignoranza abissale di Di Maio. Ho chiesto a un mio nipote, reduce dell’esame di terza media, chi fosse Pinochet. “Il dittatore de Cile”, ha risposto senza pensarci due volte. C’è di peggio, il grillino, sicuramente provato dalla figuraccia delle menzogne sul caso Raggi e in evidente declino, ha insultato Renzi con l’accostamento al criminale Pinochet. A difenderlo rimane l’altro yuppie a 5Stelle Di Battista. Tra incompetenti e goliardi della politica l’intesa non manca.
Riforme, l’opinione Usa.
Cos’è la libertà di opinione, caposaldo della democrazia? Il diritto a esprimere le proprie opinioni. E’ un assioma ma conviene ricordarlo se si affronta il coro di proteste delle forze politiche di minoranza e del Pd dissidente all’esternazione di John Phillips, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, che ha detto la sua sulle riforme costituzionali che ci prepariamo a votare: “Il “no” sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia”. Phillips, interprete dell’orientamento di una grande potenza che conosce più di chiunque altro il sistema economico mondiale e le convenienze dei Paesi finanziariamente e industrialmente forti a puntare sull’Italia, chiarisce uno dei punti fondamentali della questione. L’ambasciatore aggiunge che il presidente Obama considera con grandissima stima il premier italiano e apprezza la sua leadership. Questo corollario, poteva forse risparmiarlo, perché in tutta evidenza incontra le gelosie dei nemici di Renzi, che sono tanti. La tesi di Phillips non è un’oasi nel deserto. L’agenzia Ficht, tra le più autorevoli del mondo, mette in guardia da turbolenze antigovernative (quelli del “no”) che potrebbero incidere negativamente sul rating (credibilità dell’economia) dell’Italia. Su quest’analisi non ci sono contestazioni e come potrebbe essere altrimenti?
Luciano Scateni