C’era una volta il capocomico della compagnia di guitti che ha portato in tour, dalle Alpi all’Etna, il nuovo di 5Stelle: era il genoano Grullo, pardon Grillo, ma a manovrare i fili degli spettacoli tragico-umoristici era un singolare manager di nome Casaleggio, teorico della politica on line che ha piazzato tanti mini grullini, prima in alcune amministrazioni locali, poi in parlamento, con il consenso telematico di 20, 30 e in casi eccezionali di 100 elettori, in gran parte amici d’infanzia, parenti stretti e larghi, aspiranti a qualcosa con l’aiutino dei loro referenti. Il Grullo, pardon, il Grillo, che tonto non è, in un raro momento di autocoscienza ha intuito o di essere incredibile come leader di partito e per la ribalta ha scelto tra giovanotti rampanti quello che lo avrebbe meno oscurato. L’Italia ha assistito senza batter ciglio alla proclamazione dell’Incompiuto Di Maio a capo del Movimento e lo ha circondato di pari grado in termini di incapacità, inconsapevolezza politica, zero esperienza. Risultato? Dei pochi sindaci pentastellati quasi tutti sono stati inquisiti e come vertice dell’insipienza è stata immolata la disastrosa sindaca di Roma. Smentito clamorosamente il verso dell’inno di Mameli “L’Italia s’è desta” i grullini sono approdati al Parlamento e al governo, con l’incredibile partner leghista “Ce l’aveva duro” Salvini. Da quel momento, nel marasma del governo gialloverde allo sbando, i grullini hanno plagiato il miracolo della moltiplicazione di pani e pesci, inanellando una serie da Guinnes dei primati tra gaffe, bugie, litigi interni al matrimonio con i valpadani. Tutto mascherato con l’ipocrisia di “tutto ok, tra noi c’è armonia di intenti.” Nel mixer dell’assurda gestione di un grande Paese qual è l’Italia, Di Maio e Salvini hanno frullato ingredienti allucinanti (ministri ridicoli come Toninelli, baciapile come Fontana, senza p…e, come Tria. Ma il capolavoro si chiama Conte, definito a ragione la “comparsa” di un cast di attori che si adoperano con alacrità per devastare l’Italia. In tempi di tempesta per le liti Lega-5S Conte è stato rinominato “parafulmini”, per scaricargli addosso fulmini e tuoni che altrimenti sputtanerebbero i gialloverdi. Ultimo esempio è il tragico balletto di irresponsabilità che affibbia al nostro Paese il titolo di “Banana Repubblic”. Dopo le inerzie e i guai targati Toninelli, uno fra tutti la nomina di tre componenti della commissione d’inchiesta sul crollo di Genova, ineleggibili a vario titolo,. il governo gialloverde è alle prese con due scabrosissime vicende legate a grandi infrastrutture. Il movimento 5Stelle della Puglia (e non solo) è infuriato con Di Maio e la sua promessa elettorale da marinaio di stoppare la realizzazione del gasdotto collegato all’Asia, che sconvolge l’ambiente della regione. Pressato dal ducetto Salvini. il vice premier pentastellato, per uscirne indenne ha inventato la penale di 20 miliardi conseguenza del mancato gasdotto. Smentito da tecnici ed economisti, Di Maio ha messo sulle spalle fragili di Conte il macigno della responsabilità di una clamorosa menzogna. “Colpa mia” si è piegato a dichiarare il presidente del consiglio e a conferma della rissa tra gialli e verdi del governo Di Maio prova a bloccare i lavori del Tav, oscurando il dato definito catastrofico delle penali a carico del governo, per una cifra maggiore di quella necessaria per completare l’opera. In questo caso arrabbiatissimi gli operai e le imprese impegnati nella realizzazione del Tav. Cos’altro inventeranno Salvini e Di Maio per addebitare a Conte, loro vittima sacrificale, i guai che combinano? Inaudito. Era prerogativa di Mussolini e dei suoi gerarchi mettere al bando il giornalismo libero, perché critico nei confronti del regime. Se ci tocca ricordare quegli anni di buio della democrazia, si deve al becero attacco di Di Maio al quotidiano la Repubblica, che il vice premier grullino invita a boicottare e denigrare, sostenendo che è in vista di fallire perché fazioso. Mario Calabresi, interpreta l’opinione degli storici lettori del quotidiano e risponde ai 5Stelle con l’eleganza di chi sta mille metri sopra volgarità e insulti: “Non prendetevela con chi racconta le piazze piene di cittadini che protestano contro le vostre promesse mancate”. Conciso e sferzante. L’Incompiuto grullino, molto infastidito dalla piazza gremita del Campidoglio che ha denunciato l’incapacità della Raggi a governare la capitale d’Italia, si propone di nuovo con il piglio dell’autoritarismo da apprendista dittatorello. Un’altra menzogna (è della Raggi): “Mascherati da contestatori apartitici, i manifestanti erano in realtà uomini e donne del Pd”. Di Maio: “Chi compra la Repubblica finanzia il partito democratico”. “Falso” smentisce Valeria Galli (del Fai), una delle organizzatrici dell’evento. Al quesito proposto “Come migliorare Roma”, la risposta dei contestatori è stata “Dimissioni della Raggi”.
Luciano Scateni
GoldWebTV è anche su WhatsApp! Iscriviti al canale per avere le ultime notizie direttamente sul tuo telefonino!