Padroni dell’umanità, questo è il mondo
I padroni del mondo, non tutti ne sono consapevoli, eccoli: petrolieri, fabbricanti di armi, giganti della telematica, case automobilistiche, pool internazionale dell’agroalimentare, multinazionali della farmaceutica. La loro oligarchia schiavizza l’umanità.
Delle mutazioni climatiche, che minacciano il futuro del pianeta, sono principalmente responsabili i detentori del petrolio, risorsa naturale che inquina il mondo. E’ loro il veto allo sviluppo di fonti alternative, rinnovabili, con cui la tecnologia applicata sarebbe in grado di sostituire l’oro nero e i suoi micidiali derivati, come la plastica.
Con l’esclusione dell’Europa, che devastata dalla seconda guerra mondiale è riuscita finora a evitare un terzo conflitto, quasi certamente nucleare, il mondo è sconvolto perennemente da almeno cinquanta conflitti, molti fomentati dai potenti della Terra. Di questo si alimenta l’opulenza di produttori di armi e di chi le commercia in modo lecito o illegale. Se poi ci si mette anche Trump, in debito con fabbricanti di pistole, fucili, e ordigni di ogni genere per onorare la cambiale firmata in cambio di sostegno elettorale, il cerchio si chiude.
L’inedito di Paperon dei Paperoni in questo preoccupante esordio del terzo millennio è la potenza finanziaria di colossi telematici che pervadono il mondo ad ogni latitudine con i cosiddetti social e gli strumenti per usufruirne, cioè computer, smartphone e affini. Una delle conseguenze è il loro uso improprio, la fine della privacy, l’hackeraggio, la dipendenza di giovani e giovanissimi.
Il cosmo delle auto, spinto all’estremo dal martellamento pubblicitario, porta a dimenticare i danni alla salute dei gas di scarico, l’illecito di famosi marchi che hanno falsificato i dati sulle emissioni di Co2, la suggestione del possesso che induce anche chi è povero a svenarsi per possedere la macchina e i fanatici a sborsare cifre da capogiro per modelli che promettono velocità da trecento chilometri all’ora vietate dal codice della strada.
L’umanità, è lapalissiano, potrebbe fare a meno di molte cose, non del cibo e ne sono consapevoli i grandi gruppi internazionali dell’alimentazione. Per dirne una della loro vocazione speculativa, chi produce arance le vende ai big di settore a 20, 30 centesimi al chilo. Sui banconi dei supermercati il prezzo salta a 2 euro e 50, 3 euro al chilo. Effetto collaterale della concentrazione di poche potenti mani è la progressiva scomparsa delle botteghe, messe in ginocchio dagli ipermarket gestiti dalle grandi concentrazioni.
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Luciano Scateni
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