Gli schieramenti in campo: da Baricco, Magrelli, Irvine Welsh pollice verso e pollice alto per De Cataldo, Joyce Carol Date, Guccini, David Axelrod, Barak Obama che in passato gli aveva messo la collo la prestigiosa Medaglia Presidenziale, De Gregori, Mogol, Salman Rushdie. Di che parliamo? Del gioco che appassiona i contendenti del sì e del no al referendum sulle riforme costituzionali tra veleni, risse verbali, ricatti e minacce. Il ping-pong contagia una disputa in verità più nobile che vede schieramenti opposti confliggere sull’irreprensibilità del Nobel per la letteratura a Bonb Dylan. Baricco non ha mezze misure. Per conto e in nome della casta degli scrittori, chiede deluso “Che c’entra Dylan con la letteratura?” e nega che i versi in musica di autori-poeti abbiano diritto a farne parte (gli dice nulla De André?). Comunque, domanda lecita, ma con ben altro tono e volgarità si propone l’invettiva di Irvine Welsh. Sentite: “Questo è un premio nostalgico insensato tirato a forza dalle prostate rancide di hippie senili farfuglianti”. Il poeta e accademico romano Magrelli: “E’ uno scandalo, così si inganna il lettore” e cita nomi illustri di scrittori americani, israeliani e giapponesi che a suo modo di vedere avrebbero meritato il premio. Sul fronte del sì la Oates non ha dubbi, i testi di Dylan sono nel senso più profondo letterari, Guccini apprezza che il valore della canzone sia riconosciuto a livello internazionale e lui ha facoltà di affermarlo, Axelrod definisce Dylan poeta laureato di una generazione. Si associa De Gregori, Mogol parla di una grande apertura alla cultura popolare. Rushdie: “Da Orfeo a Faiz, canzone e poesia sono sempre state intimamente legate” e Obama si congratula con “Uno dei miei poeti preferiti, Nobel meritatissimo. Il mondo, secondo un detto molto abusato e confermato nella circostanza dice che “Il mondo è bello perché è vario”. Per capire l’auto celebrazione di categorie di intellettuali (leggi scrittori) è utile rifarsi ai mugugni che hanno accompagnato il Nobel a Dario Fo, contestato da più parti perché fu scomoda la battaglia contro i poteri forti, le ingiustizie sociali e l’uso controcorrente della sua intelligenza creativa.
Dario Fo, con Grillo per ripicca?
A proposito, spese tutte le riflessioni a favore di Dario Fo, imponente personaggio dell’intellettualità internazionale, rimane un piccolo spazio per comprendere la scelta di schierarsi apertamente, con numerose esternazioni e presenze ai comizi, con il movimento 5Stelle che per comportamenti parlamentari, atteggiamenti repressivi del dissenso interno (Pizzarotti e compagni), proclami populisti e priorità irrealizzabili (il cosiddetto reddito di cittadinanza) è ben lontano dal suo percorso alla sinistra della sinistra. Grazie alle rievocazioni televisive di Fo scrittore, attore e regista di testi teatrali rappresentati in tutto il mondo, è tornato alla memoria anche il rapporto tutt’altro che idilliaco con il Pci, vissuto conflittualmente per le distanze adottate dal partito nei suoi confronti e in particolari circostanze, una per tutte la mancata contestazione dell’epurazione subita dalla Rai, ma anche per contrasti strutturali sull’interpretazione dell’essere di sinistra. E’ sembrato che Fo sia saltato anche per questo sul cavallo in corsa del grillismo, prima di scoprirne i limiti e l’ambiguità politica che lo vede con un piede nel sistema delle caste e con l’altro nell’ambizione rivoluzionaria. Nella vicenda del referendum, chissà se Fo lo ha percepito, gli alleati del No sono i Brunetta, i Salvini, Fini, la destra con nostalgie del ventennio della Meloni e La Russa, il vendicativo D’Alema. Chissà se avendone conoscenza postuma si stia rivoltando nella bara ed è ostile alle strumentalizzazioni del comico genovese, del suo rampante direttorio. Sullo sfondo c’è il dato sulla superficialità dei sostenitori del Sì e del No al referendum. La semplificazione dei quesiti referendari fa il gioco, di volta in volta degli uni e degli altri, diventa ideologico, sollecita a scegliere come s ein gico vi fosse un premio o la punizione per Renzi. In gioco c’è altro e rimane nel mondo del sommerso, finta libertà di opinione ben compresa da chi si asterrà dal voto.
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