Al fin della licenza…ogni verità stenta a farsi largo tra ostacoli, reticenze e omissioni, ma poi ce la fa a uscire dal tunnel. Un interessante spiraglio di luce nel buio delle contrapposizioni pregiudiziali SI e NO è offerto dal sondaggio che campeggia nelle prime pagine dei maggiori quotidiani. Racconta che ad oggi i contrari prevalgono con un vantaggio di sei punti. Sarebbe pari al 14% la consistenza degli indecisi ma il corollario investigativo sulle intenzioni di voto suggerisce un’interpretazione più analitica: quelli del NO si identificherebbero in due motivazioni e cioè la “difesa della Costituzione”, tutta da giustificare se sono veri i sondaggi sull’ignoranza dei quesiti di persone di ogni ceto sociale e l’altra più attendibile di chi con il NO si pone l’obiettivo di far cadere il governo Renzi. Come volevasi dimostrare. Questo fronte dimostra compattezza a dispetto della sua plateale disomogenità, che vede l’uno accanto all’altro il populismo di Grillo e l’antagonismo eterogeneo di Bersani e D’Alema, quello ovvio di Forza Italia, le velleità di Salvini, centristi a vario titolo e la destra della Meloni ma anche quella tossica di Casa Pound. Finisce con questa giornata, ampiamente pre-elettorale, il tempo concesso per esplicitare le intenzioni di voto. Fino al 4 dicembre resterà un rebus la scelta degli indecisi. Prevalesse il NO, sarebbero conseguenti le dimissioni di Renzi? L’interessato esclude un governo di scopo, la soluzione alla Monti di un esecutivo di tecnici, un governicchio. “Se qualcuno volesse fare pasticci si accomodi. Li facciano senza di me, non sono avvitato alla poltrona di premier”. Renzi conclude con una previsione ottimistica per il SI e sfida a duello televisivo o radiofonico Berlusconi e Grillo (che dice di non averne voglia e per defilarsi suggerisce il confronto con uno più giovane. “Andrebbe bene con il figlio di Casaleggio? replica il premier”). Insomma, la tendenza degli italiani propende per il NO, ma l’incognita di chi non ha ancora deciso potrebbe riservare sorprese.
Firme falsificate: cose da niente per Grillo
Una distrazione, sciocchezze. Così Grillo sul caso scottante delle firme false che si concretizza in termini giudiziari con il provvedimento di otto indagati, parlamentari e attivisti del Movimento 5 Stelle. Pensa di sospendersi Claudia La Rocca, consigliere regionale siciliana, gola profonda che ha confessato di aver falsificato, ricopiandole, migliaia di firme a sostegno della lista elettorale del 2012. Lo confermano anche due attivisti e il teste Pintagro. Claudia Rocca fa i nomi di tre grilline che con lei hanno copiato le firme e precisa che della falsificazione era al corrente Nuti, candidato a sindaco di Palermo. Il direttorio, come in altre circostanze scabrose fa quadrato e adotta lo stand by, “in attesa delle conclusioni giudiziarie”, peraltro mai invocate per il coinvolgimento di politici non grillini in casi di illegalità.
Unanime anatema per De Luca
Esplode con giusto fragore l’indignazione generale per il “fuori onda” di Vincenzo De Luca, presidente della giunta regionale campana e non c’è alibi che tenga, tanto meno il suo tardivo pentimento. Rosy Bindi lo aveva inserito tra gli impresentabili alla vigilia delle elezioni regionali del 2015, senza mettere in conto l’esito del processo che lo ha mandato assolto. Lo sfogo di De Luca: “Bindi infame, da uccidere”. Detto della censura unanime, assolutamente condivisa ed esplicita dell’intero arco dei partiti, Pd in testa, brilla per l’abituale eleganza e garbo il “colorito” commento di Salvini. “Quando lo vedo mi tocco i co…ni, perché porta male”. Il clamoroso caso è stato condannato, tra gli altri, da Renzi, Matteo Orfini, Lorenzo Guerini, Deborah Serrachiani. Pietro Grasso, la Boldrini, Alfano, don Ciotti. Lei ha ringraziato tutti per la solidarietà.
Luciano Scateni
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