La cordiale antipatia per l’opportunismo che nel calcio al suo estremo rasenta il peggio di sé e offende il bel gioco, sta tutta dalla parte del presuntuoso Allegri. Il tecnico della squadra che con il potere finanziario degli Agnelli ha messo sul mercato cifre stratosferiche, ha schierato gli undici bianconeri in campo come sono costretti a fare i colleghi di formazioni modeste, in lotta per non finire in B. L’atteggiamento dei campioni d’Italia, già dal via fischiato da Orsato, ha lasciato intendere che avrebbero interpretato il più classico dei catenacci, nella palese speranza di un contropiede da gol. La fortuna, che secondo leggenda aiuta gli audaci, deve essere sorta su Napoli di malavoglia è ha baciato i pavidi. Per di più, con il Napoli in fase di avanti tutta, un micidiale ribaltamento di gioco ha pescato Higuain con la difesa napoletana in affanno. Fatidico il minuto 13, uno a zero per la Juve. Gli azzurri (perché questa funerea maglia grigia tendente al nero?) hanno smarrito il progetto di gioco alla Sarri e accusato mentalmente lo sberleffo di un gol messo ha segno dal nemico pubblico numero uno, al secolo il pipita argentino. La brutta copia della squadra spettacolare costruita da Sarri è andata in tilt. Giro palla lento, sterile, per vie laterali, nessuna idea per esaltare le qualità di due terzi del trio d’attacco (l’altro terzo, ovvero Callejon ha bisogno di almeno due settimane in una Spa che lo rigeneri). La zecca Pjanic ha detto obbedisco all’ordine di Allegri di contrastare con marcatura stretta, a uomo, Jorginho, abituale ispiratore del centrocampo napoletano, l’insieme degli azzurri ha denunciato imperdonabili imprecisioni nei passaggi, a Mertens non è arrivato neppure un pallone giocabile. Il terreno del San Paolo, per chi ha reminiscenze giovanili di campetti da oratorio salesiano, si è ridotto del 50 percento e la Juve ha presidiato la propria metà campo con dieci uomini, spesso con undici, cioè anche con Higuain arretrato a difendere il suo velenoso e vendicativo gol. Lo scialbo, inquietante first time del Napoli sollecita però un paio di riflessioni. A che punto siamo con il logoramento psicofisico degli undici titolari, con la seria difficoltà di tenere alto il tasso di agonismo e di determinazione, la carica nervosa che si trasforma in grinta, la concentrazione che consente di eseguire a memoria le lezioni di calcio firmate Sarri? Ma poi, a chi addebitare la responsabilità dell’esodo di Zapata (alter ego naturale dello sfortunato Milik), e di Strinic, gagliardo cursore di sinistra, prezioso in caso di forfeit dello strepitoso Ghoulam? Bon E’ illogica l’anomalia di Hysaj costretto a fare il terzino sinistro, lui che è destro per vocazione e prassi consolidata, all’uscita di Mario Rui che i novanta minuti non ha nelle gambe? E’ chiaro solo a pochi intenditori che lo schema “cross da sinistra per Callejon proiettato alle spalle della difesa avversaria” non funziona più? Comunque, al via del second time gli azzurri ingranano la quinta, schiacciano i bianconeri nella loro metà campo e non permettono ripartenze. Purtroppo il gol non arriva, la sferzata di adrenalina esaurisce la funzione di spinta all’assalto del forte difeso da Buffon e la Juve si convince che non prenderle alla Herrera, con scelta distruttiva del gioco, può far compiere la missione di erodere la differenza di punteggio in classifica, che ora si aggiorna ed è di un solo punto in più degli azzurri. Niente di irreparabile, certo, ma la scampanellata d’allarme non può più essere sottovalutata. Il campionato è lungo e questo Napoli, senza esasperare il pessimismo della ragione, se non trova il giusto antidoto, rischia di vanificare l’esaltante avvio di stagione. Dopo Udine sembra sia stato inascoltato, ora il suono si fa assordante e chiede un ascolto immediato La Juve? Quella “indietro tutta”, se è il massimo in grado di esprimere non merita di ricucire lo scudetto sulle magliette zebrate.
Luciano Scateni
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