Abbiamo chiuso con successo il capitolo del terrorismo endogeno, sconfitto le Brigate Rosse, incarcerato gli assassini di magistrati, giornalisti, politici. La mafia sanguinaria ha dovuto dirottare i suoi obiettivi sulla penetrazione nei gangli della politica e dell’economia, ha rinunciato alle stragi e agli attentati contro chi la combatte con ogni mezzo ed è parte della coscienza collettiva della legalità. Sembra perfino efficace la prevenzione delle stragi minacciate dal Califfato, ma ne discende una domanda: è davvero impossibile impedire che la crescita recente di empatia del turismo con la Napoli delle cento meraviglie sia messa in discussione da bande di giovani delinquenti che la infestano nei luoghi di maggior affluenza? Per dirne una: da anni protesta senza esito chi opera nella Petite Montmartre napoletana, ovvero nel quadrilatero che include il Conservatorio di San Pietro a Maiella, Port’Alba e le sue librerie, la piazza Bellini con le eccellenze di Intra Moenia ed Eva Luna, le mura greche, il teatro Bellini, l’accademia delle Belle Arti, la Galleria Principe Umberto, il Museo archeologico Nazionale. Di giorno la piazza Bellini è meta di turisti che la popolano grazie a un ormai diffuso passa parola internazionale tra quanti, in visita a Napoli. l’hanno vissuta esattamente come i luoghi accoglienti di altre città dell’Arte. A sera la stessa area diventa repellente, per la presenza di spacciatori, prepotenti, omofobi e violenti, disturbatori.
Quest’oasi preziosa di qualità merita di essere tutelata, mattina e sera, ma non succede nulla. Una postazione fissa carabinieri-polizia, per un lasso medio di tempo, da rinnovare periodicamente, scoraggerebbe i malintenzionati fino ad espellerli, ma non succede. Non si risolve nemmeno l’emergenza di alcune zone della città dove si concentra la presenza notturna di giovani. Le aree a rischio sono note: parte dei decumani, la zona dei “baretti” di Chiaia, ovvero, i punti di caciaresco incontro fino a notte inoltrata. Nel centro antico raid di giovani malviventi in guerra tra bande con spari di pistole che coinvolgono innocenti, oltre a scippi e rapine, risse furibonde attizzate da soggetti drogati o con lo stomaco pieno di alcolici. Il teatro dell’ultimo caso da cronaca nera è nel cuore della Napoli che di giorno è animata da chi può permettersi acquisti nelle boutique lussuose della zona, l’aperitivo senza badare allo scontrino del prezzo e il parcheggio nei garage di zona a costi proibitivi. Dalle 23 in poi quello stesso enclave del benessere diventa terra di conquista di centinaia di giovani e giovanissimi che in buon numero si danno appuntamento per bere e drogarsi. Sabato sera l’area è diventata Far West, scontro tra due opposte fazioni a colpi di pistola. La cosiddetta movida, che rende arduo il riposo degli abitanti, disturbati fino a notte inoltrata dal chiasso dei “baretti”, è diventata terreno di scontro armato. Sei i feriti e il gruppo armato si è allontanato indisturbato. Cos’altro deve succedere per mettere fine a queste mattanze (accoltellamenti, scippi, rapine) e alle violenze di giovani gang che imperversano, impunite?
Per favore, l’invito è per il mondo del cinema, riponete in un cassetto e chiudete a chiave ogni proposta di film o serie televisiva su Scampia, i casalesi, le vele, la camorra. Il marcio, le violenze in alcuni momenti raccapriccianti, il disprezzo per la vita, l’enfasi nella descrizione di loschi figuri della malavita, insomma la serie Sky di Gomorra, alimentano l’ammirazione della società degli emarginati per chi viaggia in “suv” di lusso, maneggia somme milionarie ed è considerato uomo di rispetto. Nella puntata di sabato 18 novembre, Gomorra (fiction da esportazione) ha toccato l’acme dell’orrido con le immagine di un trafficante di droga che fa a pezzi un “traditore” con un coltellaccio da macellaio. Davvero un bel biglietto da visita per Napoli da mostrare ai Paesi che acquisteranno la serie.
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