Meno male che l’oceano c’è
Centri come la Nasa o il corrispettivo europeo, l’ESA, Agence spatiale européenne con sede centrale a Parigi, che coordina 22 Paesi europei e ha uffici a Mosca, Bruxelles, Washingorn, Huston, si avvale di 2 200 persone addetti (esclusi sub-appaltatori e le agenzie nazionali) e può contare su un budget di 5,25 miliardi di euro: sono formidabili complessi che consentono di esplorare il cosmo, la copertura satellitare della Terra con tutti i suoi decisivi contributi al progresso e in un futuro da fantascienza scopriranno nuovi mondi abitabili, pianeti con forme di vita simili o più evolute della nostra.
Detto con il rispetto dovuto, il caso di frammenti della Stazione spaziale cinese che si sono tuffati nel Pacifico dopo quasi duemilacinquecento giorni in orbita, desta una legittima e preoccupante riserva sull’attendibilità delle previsioni che l’astrofisica enuncia.
La Tiangong, così informa la sorveglianza spaziale che fa capo al comando strategico degli Stati Uniti, coordinato con altri Paesi (Italia, Canada, Australia, Francia, Germania, Regno Unito, Giappone e Corea del Sud) ha smentito ogni pronostico sul luogo dove sarebbero finiti i suoi resti, superstiti dell’impatto con l’atmosfera terrestre. Tutte vaghe e inattendibili le ipotesi che hanno tenuto in ansia di volta in volta le aree del pianeta più disparate e distanti tra loro decine di migliaia di chilometri.
Confessiamolo, ha creato ansia l’avvertimento di rimanere in casa e possibilmente nei piani bassi degli edifici per difendersi dall’annunciata pioggia di scorie metalliche dell’astronave cinese e non meno le variabili dell’ora ics, indicate per l’impatto con la Terra. Cadrà in America, no, in Europa, tra il parallelo x e y, nel Sud dell’Italia, a mezzanotte, no più tardi perché il relitto ha rallentato e così via, sparando previsioni regolarmente disdette. C’è davvero da preoccuparsi se questa è l’approssimazione dei pronostici spaziali. Dal cosmo piovono meteore e sembra che alcune, se cadute sul nostro pianeta, lo disintegrerebbero. Sono due le incognite da risolvere: saremo in grado di accertare il loro percorso e se dovessimo capire che stanno per piombarci addosso, riusciremmo a dirottarne il cammino?
Un’ultima riflessione merita lo stato dell’atmosfera, satura di spazzatura spaziale, che tra non molto somiglierà molto e in peggio al problema terreno dello smaltimento di rifiuti. Risale a circa sessant’anni l’inizio dell’accumulo di detriti. Ora nello spazio ruotano ventunomila tra satelliti e simili. La nube di scarti ne comprende di pochi centimetri e grandi tonnellate, come gli stadi distaccati dai razzi. La dimensione del problema è racchiusa in questi numeri: 16mila frammenti grandi più di dieci centimetri, 300 milioni di un millimetro. Vagano nello spazio anche oggetti perduti dagli astronauti (guanti, residui di vernice, forbici, una chiave inglese). 1.500 oggetti in orbita pesano un quintale e contribuiscono in notevole misura alle 1900 tonnellate di spazzatura orbitale che abbiamo accumulato sulle nostre teste.
Gran bella cosa il progresso dell’astronautica, gran bel casino le conseguenze della nube di rifiuti spaziali.
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