Il principio inviolabile della libertà, non si coniuga automaticamente con “tutto è lecito”. Al contrario, almeno in democrazia, detta il decalogo per leggi e norme che regolano comportamenti profondamente rispettosi di diritti e doveri. Per esempio, dovrebbe essere chiaro, evidente e incontrovertibile, il fondamentale della nostra Costituzione che vieta l’apologia del fascismo e ancor più rigurgiti che ripropongono i tempi cupi del regime.
Se c’è una violazione provocatoria e reiterata, sempre più spinta, della Costituzione e della legge applicativa in tema di neofascismo, Casa Pound ne è impunemente responsabile. Di qui la domanda per tre giornalisti di chiara fama, da porre a Enrico Mentana, Lucia Annunziata e Formigli di ‘Piazza pulita’: “Non potete ignorare che confrontarsi con il vicepresidente di Casa Pound equivale a riconoscergli dignità politica, ad accreditarlo come possibile inquilino del Parlamento, a spianare la strada di adesioni al suo movimento eversivo. Allora perchè invitarlo a dialogare nella ‘Mezz’ora’ televisiva affidata alla discrezione giornalistica dell’Annunziata e perché ospitarlo nel talk show di La7, perché accettare il testa a testa della legittimazione?”
Giovanna nasce da un padre muratore precario e da una madre che si spacca la schiena a lavare le scale di tre palazzi. La mandano a scuola (“perché, non deve fare la nostra vita”). E’ brava, intelligente, motivata come poche compagne, consapevole dei sacrifici dei genitori. Conclude le medie superiori con il pieno dei voti. Acquisita la maturità, prova ad assecondare la predisposizione per la scrittura, sperimentata all’acerba età di tredici anni con un romanzo fantasy di trecento pagine. Con gli studi non può andare oltre, i genitori devono tirar su altri tre figli. Giovanna riprende a scrivere: poesie, racconti. Legge con avidità editoriali e note di giornalisti che ritiene penne buone, assimila progressivamente la qualità del loro linguaggio, coltiva contemporaneamente la passione per i cosiddetti sport minori e ne diventa esperta, documentata come pochi. Bussa a tutte le porte potenzialmente interessate alla sua competenza. Un giornale locale, in precaria autonomia finanziaria l’ospita a giorni alterni. Pche righe di cronaca degli eventi extracalcistici, a compenso zero.
Dopo un paio di anni di gavetta, condivisa con altri aspiranti giornalisti, le arriva voce di una televisione privata che assume per completare la redazione sportiva.
“Salve, che esperienza hai?” chiede il direttore dell’emittente. Giovanna è a disagio. Nel tempo minimo della domanda si ritrova con il responsabile della redazione alle spalle, le mani che dalle braccia si posano sui seni, le labbra stampate sul collo. Si alza di scatto, ficca un gomito nello stomaco del “predatore” e scappa via piangendo.
Continua a scrivere, ma per sé. Con un racconto partecipa a un concorso per scrittori inediti e lo vince. Narra la storia di Kate Kolburn, giornalista americana free lance, ospite ambita di una catena di quotidiani degli Stati Uniti. I suoi articoli compaiono su tre milioni di copie dei giornali della catena editoriale. Di sé, la super pagata redattrice racconta di non mettere mai piede in uno dei giornali con cui collabora e di intrattenere i rapporti con le redazioni via telefono ed email. Quando scoppia lo scandalo dei molestatori sessuali, in un articolo di evidente attualità, denuncia di essere stata violentata all’esordio della carriera, quando aveva frequentato la redazione di un paludato settimanale, ricattata dal proprietario della testata.
Per la fortuna di Giovanna, la giuria del premio vinto è tutta al femminile, predatori esente.
Luciano Scateni
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