Viviamo gli anni della commozione, della pietas, della solidarietà, e insieme dell’indignazione, della denuncia, dei rimpianti. Abbiamo versato lacrime per il bambino finito nel pozzo a Vermicino, quando il soccorso si è arreso. Abbiamo provato con dolore a immaginare la sua lenta, maledetta agonia, lo strazio dei genitori, la rabbia di chi ha tentato l’impossibile per strapparlo a una morte orribile, ingiusta. Lacrime per gli uomini prigionieri di una miniera in Cina, pianto liberatorio per la libertà riconquistata. Dolore, per ogni strage terroristica che ha fatto vittime innocenti in tutto il mondo. Profonda partecipazione al tragico evento dei piccoli calciatori thailandesi condotti dal loro allenatore sottoterra, in esplorazione di cavità ad altissimo rischio, intrappolati in un anfratto senza via d’uscita, condannati a una morte atroce se un manipolo di eroi non avesse rischiato la vita per salvarli prima che le piogge monsoniche avessero reso impossibile il recupero: lacrime benedette, commozione a mille, riconoscenza per i sub di mezzo mondo, angeli della salvezza che hanno preso un ragazzo alla volta, sotto la loro protezione, per attraversare sei chilometri di sottosuolo irti di impossibili difficoltà. Felicità generale, in ogni angolo del mondo, per l’esito della drammatica vicenda.
Le immagini di bambini che sullo scheletro non hanno più che la pelle aggrinzita del sottosviluppo, della denutrizione, della disidratazione, di malattie non curate, i segni della disperazione nei grandi occhi in visi smunti, i poveri ventri gonfi, i seni vuoti delle madri, senza latte, i lettini d’ospedale dei meno sfortunati assistiti amorevolmente, ma più di ogni altra cosa il bollettino delle morti dei bambini scandito dal cronometro: un morto ogni quattro secondi nel mondo e quasi esclusivamente nell’Africa depredata dai potenti della Terra. Chi conserva il dono dell’umanità solidale piange quando i media raccontano questa tragedia, ma spesso si tratta di commozione momentanea, che non genera miracoli come la salvezza dei piccoli calciatori thailandesi. Anche questo è il mondo del terzo millennio.
L’Italia è governata da incompetenti, impegnati a litigare e a far finta di riconciliarsi, affidata al protagonismo dispotico di un erede del folle decisionismo mussoliniano, qual è Salvini; il futuro del Paese è tutt’altro che colorato di rosa, il mondo stenta ad ammortizzare la supponente autarchia di Trump, la dittatura di Putin, l’invasione cinese dei mercati, il proliferare in Europa di leader politici xenofobi e razzisti, la piaga della disoccupazione, la desertificazione della Terra: se vi pare poco, ponete tutto questo in relazione all’enfasi delirante dei media che esaltano l’Italia per aver messo a segno il “colpo del secolo”, ovvero la compravendita di Ronaldo (orrenda definizione come l’altra, ignobile, di “mercato” del calcio”). Una roba da far impallidire il tragico evento della ritirata di Caporetto, il deficit miliardario dello Stato, il dramma di un giovane senza lavoro su due, il disastro di Roma capitale sgovernata da una sindaca che al più potrebbe gestire un B&B, città e paesi impreparati a sopportare le violente intemperanze del clima impazzito, i sei milioni di poveri e altre mille emergenze. Il fisico palestrato di Ronaldo domina le prime pagine dei giornali, i Tg, i rotocalchi e le didascalie sono un inno all’orgoglio patriotico. Che bravi, abbiamo strappato il calciatore portoghese al Real Madrid. Altro che missioni vincenti dei Mas, siluri comandati da uomini rana per affondare le navi nemiche. Qui si parla di un blitz dell’erede di Agnelli, presidente della Juventus. In volo sulla Grecia, dove CR7 gode di vacanza da nababbo, lo ha messo alle corde. Con dialettica stringente? Assolutamente no. Lo ha convinto a firmare aggiungendo un milione di euro per ogni anno della sua “parcella” di trenta milioni a stagione per un quadriennio. Pensate a quanto guadagna la Fiat: per importare dalla Spagna Ronaldo la Juventus sborsa cento milioni al Real Madrid, 244 al calciatore (che fra quattro anni ne avrà trentasette), dodici per spese accessorie, cinque di contributo alla Fifa. Totale, trecentosessanta milioni di euro. Non so voi, ma il caso Ronaldo mi costringe, in verità senza alcun rammarico a cambiare canale quando Sky o chi per lei trasmetterà le partite della Juve.
Luciano Scateni
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