Articolo pubblicato il: 26/02/2017 09:01:11
Dall’esperienza di una vecchia volpe qual è mister Gasperini era prevedibile aspettarsi la misura del pressing alto e di marcature a uomo asfissianti, di un cordone di sicurezza stretto, senza spazi per le incursioni di Mertens. E chissà, contro un muro difensivo così fitto, la stazza di centravanti come Milik e Pavonetti avrebbe consentito varianti agli attacchi del Napoli, con qualche difficoltà supplementare per i difensori nerazzurri. Nella testa di Sarri, forse ostinato nel concedere piena fiducia al cosiddetto tridente leggero, non si è accesa la famosa lampadina, non lo ha assistito l’intuito per capire dopo un quarto d’ora di sterilità offensiva degli azzurri che un centravanti vero era il possibile antidoto. Ma c’è altro. Questo Napoli è in evidente disagio se si confronta con squadre messe in campo per contrare sul nascere le qualità di palleggio del centrocampo, completate dall’estro do Hamsik e il funambolismo di Insigne, Mertens e Callejon. Che poi l’organizzazione e le individualità dell’Atalanta di Gasperini siano una delle più significative espressioni di questo campionato, ha ricevuto al San Paolo il sigillo della conferma. La squadra si muove con sincronismi da orologio svizzero, energia superiore dei suoi giovani talenti e la componente grinta che porta il marchio di fabbrica del suo tecnico. Il Napoli? Forse è stanco, forse è condizionato dal programma di una quadrilogia calcistica che in rapida successione gli ha proposto il difficile impegno di questa sera con la pimpante Atalanta e a seguire la semifinale di coppa Italia con la Juve, l’ardua impresa del ritorno con il Real Madrid, la sfida per nulla semplice alla Roma. E’ difficile, ma non troppo, la diagnosi iniziale sul futuro del match con gli orobici se si dovesse stilare partendo dalla magia di Insigne che appena al sesto dal calcio di avvio ha scheggiato la traversa della porta difesa da Berisha. La partita, per larga parte del primo tempo è comunque dell’Atalanta, vincente ai punti se paragonato ai primi round di un incontro di pugilato, ma anche per il punteggio favorevole. Caldara, uomo partita, è più lesto di tutti nell’area piccola di Reina e di testa manda in rete un pallone vagante schizzato dalle sue parti in un confuso batti e ribatti. Al minuto 28, Napoli zero, Atalanta uno. La pioggia battente del San Paolo peggiora il clima per una ventata che gela i quarantamila tifosi. Al minuto 44, Mertens volge gli occhi al cielo per chiedere al suo santo perché su un suo calcio di punizione, calciato alla perfezione, arrivano la manona, anzi le punte delle dita di Berisha che sfiora il pallone diretto all’incrocio dei pali e lo devia sulla traversa. Nel frattempo Hysaj, sosia del brillante terzino di altre partite, si fa ammonir per un fallo inutile e Sarri lo tirerà via dal campo. ll piglio dell’Atalanta giustifica l’ambizione di acquisire il diritto di partecipare all’ Europe League ma intanto di battere il Napoli dei sessanta gol segnati finora in campionato. Con pazienza e qualche perplessità i tifosi napoletani aspettano la metamorfosi della squadra che negli spogliatoi dovrebbe avere riflettuto sul ritmo lento della prima frazione e sulla voglia di rimediare. Non va così. L’Atalanta perfeziona la sua ineccepibile partita, galvanizzata dall’uno a zer e dalla superiorità sfoggiata con spavalderia giovanile. Dopo un nuovo quarto d’ora di palese incapacità offensiva del Napoli, Sarri si affida a Milik e richiama in panchina Hamsik. Priva così gli azzurri di un propulsore fondamentale. Perché non subito Hysaj, in serata no e ammonito? La sorte porge la mano della fortuna agli azzurri. Celi espelle Kessie per doppia ammonizione, ma la superiorità numerica non cambia la cifra dell’incontro ed è sempre l’Atalanta a gestirlo con ordine ed efficacia. Al minuto 25 della ripresa problemi di comunicazione nel pacchetto difensivo del Napoli agevolano, e non ce ne sarebbe bisogno, il capolavoro di Caldara. Il giovane dal grande futuro vola per tre quarti di campo in direzione porta di Reina, serve a sinistra Spinazzola, altro fenomeno bergamasco, riceve l’assist di ritorno e al volo mette in rete. Capolavaoro Napoli zero, Atalanta due. Gli azzurri provano a spingere sull’acceleratore ma con risultati nulli. Il cronometro va e arriva la solita mossa della disperazione di Sarri che spedisce Pavoletti in campo al fianco di Milik. Gli esiti reiterati di questa scelta, tutti di segno negativo, non riescono a convincere Sarri che sostituzioni a pochi minuti dal novantesimo provocano disorientamento per chi subentra e chi sta in campo. L’attacco Milik, Pavoletti (al posto di Insigne), Mertens e Callejon non sfonda l’accorta difesa atalantina. Rincorsa scudetto? Per il Napoli è una chimera senza più senso. L’unica via di riscatto, per gli azzurri è il retour match del 7 marzo con il Real, sempre che San Gennaro voglia impartire la benedizione allo stadio del collega San Paolo.
Luciano Scateni