Della patriottica passione per la nazionale tricolore sembra oramai sopravvivere solo l’antico amore degli italiani nel mondo che sperano in nuove imprese mondiali testimoniate dalla Coppa Rimet nella bacheca dei trofei azzurri. L’Italia del calcio è tutt’altro che desta: le mancano i grandi campioni e quel che c’è a disposizione dei commissari tecnici è sottratto alle sue cure dall’egoismo delle società che investono miliardi per accaparrarsi le star internazionali e negano agli Spalleti di turno tempi e modi per trarre il meglio dai giocatori ritenuti idonei per vestire la maglia della nazionale. Di che meravigliarsi se la stentata vittoria sul modesto Venezuela si deve solo a due guizzi dell’italo argentino Retegui, se i sudamericani hanno al loro attivo più occasioni da gol degli azzurri, se l’amichevole di Miami si è rivelata un noioso facsimile del calcio mondiale. Inutile recriminare: Spalletti o chiunque altro per deve fare di lui deve fare di vizi virtù. A questa Italia fa difetto la concretezza, il ruolo guida di un regista illuminato e illuminante, latitano gli automatismi che produce solo una prolungata frequentazione. Di qui l’improduttivo fraseggio a centro campo, il monotono giocherellare nella propria metà, che produce solo il cosiddetto possesso palla e induce a qualche errore difensivo di troppo. È quanto è accaduto al minuto 43. Donnarumma rinvia corto, pallone tra i piedi di Bonaventura, erroraccio, passaggio per un compagno molto arretrato su cui si avventa Machis, che di prima intenzione spedisce il pallone nell’angolo alla sinistra del portierone azzurro. Un paio di minuti prima analoga distrazione della difesa dei ‘Vinotinto’. Ne ha tratto profitto Retegui per l’illusorio uno a zero degli azzurri. Il resto, direbbe Califano “è noia”: un paio di pericolose controfughe venezuelane, un buon tentativo di Chiesa, con pallone che lambisce la traversa e la nostra nazionale in altalena tra moduli con varianti dispersive. Ci va bene perché Rondon, atterrato in area di rigore azzurra da Buongiorno con una presa da karate, invita a nozze a Donnarummma con un calcio di rigore di scontata traiettoria, parato facilmente. A scuotere dal torpore generale provvede di nuovo Retegui, più svelto di tutti a districarsi nel folto di un mischia caotica e girando su se stesso. Trova uno spiraglio di pochi centimetri tra una selva di gambe ed è 2 a 1. Ma succede al minuto 81. Prima del gol paura per veloci incursioni del Venezuela e sarabanda di cambi di Spalletti e Batista. Mossa come da copione del nostro CT e subito fuori Bonaventura, punito (!) per la responsabilità del gol subito, dentro Barella. Pereira per Machis (il migliore dei sudamericani) Cadiz per Savarino. In casa azzurra Pellegrini per Frattesi, Jorginho per Locatelli, Zaccagni per Chiesa, ma giusto per far qualcosa, poi Zaniolo per Cambiaso e Castillo per Martinez, Makoun per Angel, Otero per Aramburo, Rincon per Casseres. Quando il cronometro minaccia il the end del match in parità, Retegui inventa il 2 a 1 e l’Italia stringe i denti per contrastare l’assalto finale del Venezuela a caccia di un pareggio non immeritato. Test bis domenica. A New York Italia-Ecuador sempre in preparazione degli europei di giugno in Germania. Ancora assente Acerbi, fuori rosa per gli insulti razzisti rivolti a Juan Jesus, punizione minima per il centrale dell’Inter. La nota lieta, ieri a Miami, la visita di cortesia nazional patriottica di Sinner, che stasera affronterà il derby con Vavassori, altro astro nascente del tennis italico. Sorprendente imbarazzo: in Tv Italia-Ecuador o meraviglie del tennis di Jannik? Chi l’avrebbe mai detto...
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