Di ben altro segno è l’accusa rivolta a Trump dai procuratori degli Stati Usa Maryland e Columbia che hanno intentato causa al presidente. Sostengono che ha preso milioni di dollari da governi stranieri, contestano i profitti illeciti intascati dalla catena di alberghi di Trump con l’ospitalità a molti governi stranieri (Kuwait, Arabia Saudita, Georgia, ecc.) dopo la sua elezione. Il reato? Violazione della carta costituzionale in tema di anticorruzione. Se il processo andrà avanti, le due procure potrebbero ottenere la dichiarazione dei redditi del presidente che si è sempre rifiutato di mostrarla. Se fosse un nuovo tassello per la richiesta di impeachment del presidente USA?
Cos’altro serve per scardinare dalla poltrona di sindaca, l’incapace, inerte, compromessa, inconsistente Virginia Raggi? E lei stessa a fornire un nuovo argomento di contestazione. Riflette sulla presenza in città di molti migranti, fenomeno condiviso dall’intero Paese, e infastidita, partorisce l’idea salviniana di stoppare l’afflusso migratorio e di realizzare altrove i luoghi di accoglienza dei profughi. La dichiarazione d’intenti non è troppo distante dalla xenofobia di paesi della Ue che rifiutano di partecipare all’impegno comune di accogliere chi fugge da guerre e fame. La Raggi definisce “moratoria”, termine non comprensibile a tutti, il veto all’ingresso in città di emigranti. Come fermarli non è detto, ma considerata la moda dei “muri”, potrebbe proporre soluzioni come la barriera di cemento annunciata da Trump per respingere i messicani.
Lo raccontano ogni giorno i media, la ministra della sanità Lorenzin è totalmente impegnata, da mesi, per la campagna obbligatoria di vaccinazioni e il tempo per lei è tiranno. Ne avesse, sarebbe bene che lo spendesse, per un tour illuminante sul degrado di troppe strutture ospedaliere (fatiscenti, igienicamente a rischio, incapaci di tutelare i degenti, di garantire assistenza degna di questo nome. Conoscerebbe in dettaglio e per vie dirette lo scandalo di malati in barella nei corridoi, addirittura stesi in terra, di topi che girano indisturbati dappertutto, di farmaci che mancano e di attese infinite di interventi chirurgici. Si chiederebbe com’è possibile che in un ospedale di Napoli, il San Paolo, una paziente sia assalita da un esercito di formiche e che nessuno intervenga. In casi del genere l’apertura rituale di un’inchiesta coincide con un solito lavarsene le mani, fino al prossimo scandalo.
Luciano Scateni