SCATENI. Insulti, turpiloquio, schiamazzi e parolacce: viva la modernità


Articolo pubblicato il: 21/01/2018 18:30:20

Roberta Lombardi, candidata 5Stelle alla presidenza della Regione Lazio: “E’ venuto da noi quel burocrate della Sanità del Lazio nominato dalla politica, il cui pregio è leccare il culo al politico di turno...Ce lo sta leccando anche a noi…”

E’ puro anacronismo scandalizzarsi se si ascoltano in televisione o si leggono sui giornali parole un tempo ritenute sconce e assolutamente proibite se pronunciate il pubblico o in famiglia, considerata il non plus ultra della correttezza linguistica. A sdoganare locuzioni connesse con gli organi sessuali ed elementi affini è stata certamente il “disinvolto” interesse per l’audience delle televisioni commerciali. L’esempio che la memoria restituisce in automatismo è il programma salotto di Maurizio Costanzo, inventore della televisione rissa, urlata, scannatoria e libertaria, nel senso della spregiudicatezza ad effetto. Il caso Sgarbi, pioniere dell’insulto e di un colorito turpiloquio, racconta bene l’esordio di una televisione trash, a tratti per eccesso di disinvoltura, spesso perché pilotata in nome dello share. Di questo peggio, cioè di una stagione che gioca al rialzo delle volgarità verbali, che va di pari passo con orge di sgrammaticature, si sono appropriati due mondi che per loro natura dovrebbero mostrarsi tutori dell’etica diretta agli utenti della comunicazione: i media e la politica. Strafalcioni grammaticali, clamorosi errori di sintassi, gaffe frutto di scarsa cultura e di conoscenza approssimativa, sposano la diffusa superficialità intervenuta da molti anni a questa parte. Il virus ha contagiato in fretta l’insopportabile truppa dei politici, che sviliscono l’alto, quanto purtroppo disatteso ruolo di eletti del popolo e nella sede istituzionalmente sacra del parlamento si scambiano insulti a vario livello di volgarità. Nessuno è escluso dal novero di protagonisti di questo insulto alla correttezza e alla solennità del luogo dove confliggono come fossero al mercato (e neppure lì sarebbe giustificato). Ma primi, inter pares e non in regime di par condicio, sono i neofiti di Palazzo Madama e di Montecitorio, i pentastellati che gareggiano nel loro cerchio magico e con il “nemico” a suon di epiteti irripetibili, vaffa, insulti, vestiti di colorite urla. Non sarebbe chiaro di che si parla senza esibire parte del repertorio. Usano, scusate la citazione testuale, parole che un tempo i dizionari includevano con difficoltà: cazzo, coglioni, fica, culo. Se vi siete appena scandalizzati ricredetevi. Sono termini di una routine affabulatoria quotidiana, di talkshow e programmi di ogni rete, nazionale e locale.

Dispiace tornare sulla impropria e intempestiva benevolenza di papa Francesco, che nel corso della missione in Cile ha permesso al Vescovo Barros, accusato di coprire i reati di pedofilia del prete Karadima, di partecipare alla messa celebrata in quel Paese. La denuncia è del cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley: “È comprensibile che le dichiarazioni di Papa Francesco siano state fonte di grande dolore per i sopravvissuti agli abusi sessuali da parte del clero”. Da oltre due anni, da quando il Papa lo ha eletto a guida della diocesi cilena, il mondo cattolico locale invoca la rimozione immediata di Barros e Bergoglio risponde di non avere prove contro di lui “Tutto il resto sono calunnie”, afferma, nonostante le denunce di abusi sessuali delle vittime. O’Malley: “Le frasi di Francesco dicono che se non puoi provare le tue affermazioni, allora non sarai creduto e suonano come un abbandono di coloro che hanno subito violazioni riprovevoli della loro dignità umana, relegando i sopravvissuti a un esilio screditato”. Eppure il Papa, arrivato in Cile, aveva chiesto perdono per gli abusi sessuali sui minori commessi da alcuni sacerdoti. “Dobbiamo impegnarci perché ciò non si ripeta”. Inoltre aveva incontrato un gruppo di vittime di abusi sessuali da parte di preti, ma incomprensibilmente nessuna vittima di padre Karadima.