La macchina ibrida del “Ce l’aveva duro Salvini” e del pentito “Di Maio” sembra viaggiare all’indietro. In ordine non cronologico, ma di consistenza delle notizie, è primo al traguardo il dietrofront del binomio di s-governanti in tema di deficit. Il tetto dl 2,4% percento definito immodificabile diventa il 2% e chissà che non scenda ancora. La paura fa novanta e i due compari hanno finalmente capito che la procedura d’infrazione minacciata dalla Ue li avrebbe portati alla gogna mediatica e all’incazzatura degli italiani, già depredati di molti miliardi per la condanna dei mercati finanziari, oltre che degli investitori italiani e stranieri. Preso gusto allo sputtanamento per le promesse elettorali, che neppure un marinaio di vecchio corso spacciarebbe per realizzabili, la combriccola Conte, Salvini, Di Maio, Tria e sottoposti ha smontato gli impegni del cosiddetto contratto di governo su tutti i fronti: pensioni, reddito di cittadinanza, previsioni per il Pil, eccetera, eccetera. E’ poi Clamoroso e patetico il pentimento della famiglia Di Maio. Fallito il tentativo di spacciare per leciti gli abusi edilizi commessi tra Pomigliano e Mariglianella, svelate le bugie del vice premier grullino, il furbetto del quartiere, pardon del governo, ha convinto il padre ad assumere su di sé tutte le responsabilità degli illeciti. Questi, con un accorato appello all’assoluzione, ha provato a tener fuori dalla sporca faccenda il figlio, immortalato ai bordi della piscina sul prato di fronte alla villetta da lui definita “stalla” prima dell’irruzione di vigili urbani e delle immagini pubblicate. Gialloverdi al ribasso sul tema pensioni. La sbandierata quota 100, sta per diventare quota 104, per mancanza di risorse finanziarie. Lo confessa Brambilla, economista. La Lega ambisce a farlo presidente dell’Inps nel dopo Boeri. Il rebus risorse. Ovvero come e dove trovarle per ridurre il deficit e sventare il pericolo della procedura d’infrazione. Il governo dovrebbe trovare 7 miliardi per diminuire il deficit dal 2,4 al 2% ed evitare che l’Ue possa avviare la procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, ma la sola riforma delle pensioni costerebbe sei miliardi e mezzo solo nel 2019. Fermate il Matteo di Pontida, prima che sia troppo tardi. Il procuratore capo di Torino sbugiarda il vice premier leghista e il suo trionfante twitt “A Torino arrestati 15 mafiosi nigeriani, la giornata comincia bene”. Spataro: “Si informi e non danneggi le indagini in corso. In futuro eviti comunicazioni simili, la notizia in questione è intervenuta mentre l’operazione era (ed è) ancora in corso con conseguenti rischi di danni al buon esito della stessa; la polizia giudiziaria non ha fermato “15 mafiosi nigeriani”, ma sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa, su richiesta della Dda di questo Ufficio, dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Torino. Il provvedimento restrittivo non prevede per tutti gli indagati la contestazione della violazione dell’art. 416 bis c.p”. Sparla a ruota libera il “Ce l’aveva duro” Salvini. La Confindustria (il presidente Boccia) contesta il governo giallo verde, esercitando il diritto alla critica. Il vice premier leghista risponde come al solito con arroganza. “Confindustria zitta per anni (non è vero, ndr), ci lasci lavorare. Non fosse un imperativo tragicamente insolente, somiglierebbe a una delle felici battute di Totò. Per restare (con molto disagio) in casa Lega, ecco l’incredibile esternazione di Claudio Borghi, presidente valpadano della commissione bilancio della Camera. Ipotizza il trasferimento delle riserve auree dell’Italia dalla Banca d’Italia allo Stato. Detto in chiaro, significherebbe consentire al governo di utilizzarla per coprire il costo delle riforme e l’aumento del deficit, cioè per impedire la procedura d’infrazione delle Ue.
Luciano Scateni
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