Articolo pubblicato il: 26/02/2017 19:57:18
Disegnato dalla matita di un eccelso architetto napoletano, il mitico Carlo Cocchia, lo stadio napoletano del San Paolo, (chissà perché intitolato così, forse per opporsi al nordista San Siro) ha superato l’esame delle raffinate, patinate riviste di architettura, unica testimonianza di purezza stilistica in un panorama urbano dominato dalla grossolana ingegneristica dei palazzinari che Rosi ha scolpito nel museo degli orrori con il suo mitico “Le mani sulla città”. Le cronache attente al degrado che ha deturpato l’arena dove ha inventato magie il pallone di platino, il “el pibe de oro” Maradona, sono crudeli. Raccontano di colpevoli inerzie, di progetti falliti sul nascere con l’obiettivo di completare le funzioni polivalenti della struttura, inteso come luogo di attrattori sociali per il tempo libero dei napoletani. Com’è andata è sotto gli occhi di chi sa vedere. L’impianto, in assenza di cura, di ordinaria manutenzione, ha subito l’incuria come altre perle preziose della Napoli capitale del Regno delle due Sicilie. Crepe. sfregi, degrado, sciatterie diffuse, l’hanno declassato, mortificato, espulso dalla galleria delle opere d’architettura da segnalare ai futuri architetti. Il peggio è l’insulto l tempo che ha preceduto i famigerati campionati mondiali di calcio del novanta, ospitati dall’Italia. L’agguato della speculazione si è consumato con la complicità degli Enti di controllo: Ministero, Regione e Comune, inerti nei confronti degli speculatori che hanno spacciato l’obbligo di coprire lo stadio, pena l’esclusione dalle gare avanzate del torneo. La bugia ha fatto il gioco di falchi senza scrupoli che hanno coperto lo stadio con tonnellate di ferro e un’orrenda tettoia, tra l’altro inadeguata, nei giorni di pioggia e vento, a riparare i tifosi. L’esito di un progetto successivo rispetto al disegno originale? La corsa a rattoppi per non vergognarsi di ospitare l’importante coppa dei campioni del sette Marzo, contro i “mostri” del Real Madrid. E il dopo? L’idea da cinematografaro qual è di De Lauretiis, padre padrone del Napoli, di emigrare dal San Paolo e di esportare il calcio fuori dal caos di Fuorigrotta, un tempo quartiere napoletano esente da caos urbano.. Meno condivisa è la prospettiva di una “bomboniera” offerta a costi per ricchi, edificata per contenere il tifo elitario, per non dire razzista di soli ventimila tifosi privilegiati, che si accaparrerebbero le poltrone dell’impianto partorito dalla mente discriminatoria del produttore cinematografaro prestato al calcio. L’auspicio è che De Laurentiis sia totalmente assorbito dall’impegno cinematografico permettere in cantiere il prossimo cine panettone natalizio, fino al punto di estraniarsi dal diversivo del Calcio Napoli, hobby che coltiva come un improvvisato agricoltore.
Luciano Scateni