Piomba sul Bel Paese lo tsunami provocato dal disgelo, che scioglie un iceberg di dimensioni ciclopiche: ovvio è la metafora per rappresentare in solido gli effetti di una tempesta politica che travolge i partiti, chi per i partiti siede in Parlamento, chi indossa la fascia tricolore di sindaco e cariche affini. Roba da colossal di fantapolitica, che Orson Welles raccontato alla radio, spaventando parte degli ascoltatori e stupito piacevolmente la minoranza di italiani stufi di “salvineidi” e “dimaiate”, ma contemporaneamente disturbati dall’evanescenza dem-o-cratica. In Italia si aggirerebbero i simulacri in lacrime di Toninelli, di Conte e del suo finalmente disoccupato suggeritore Casalino, di Grillo e Casaleggio jr, di Renzi-Bersani-D’Alema, Fratelli d’Italia sparsi, casapoundini, l’intero esecutivo del Campidoglio guidato dalla non più Virginea (politicamente) Virginia Raggia, Brunetta, le girl berlusconine Carfagna e C., La Russa, gran parte della fauna che abita lo zoo safari di Montecitorio e palazzo Madama. Reduce dalla dissoluzione, il Paese si troverebbe nella condizione primordiale di rifondarsi, di selezionare con test adeguati e l’ausilio dell’esperienza messa alle spalle, a chi affidare il futuro dell’Italia. Chi mettere nel bussolotto? Una rapida indagine di sondaggisti (ma anche di loro, ci si può fidare?), avrebbe riempitoo di niente grafici e didascalie. Attualizziamo. I Pagnoncelli e professionisti associati a braccia conserte palesano scoramento e rinunciano alle rispettive parcelle per palese incapacità a soddisfare la richiesta dei benpensanti connazionali che annaspano alla ricerca di integerrimi e competenti protagonisti della quarta Repubblica. Un esempio per tutti. La sindaca di Roma al cento per cento tornerà a fare l’avvocato (nello studio di Previti?) e con buon probabilità prima della scadenza del mandato. Se serve a qualcosa la tradizione, il Campidoglio potrebbe tornare alla sinistra. Ma a quale sinistra, a chi della sinistra? Buio fitto. I dem arrancano e solo per non partecipare al gioco del silenzio sparano un giorno sì nomi quasi a casaccio, che com’è noto anche ai piccoli delle elementari, esternati intempestivamente finiscono “bruciati”. L’auto monoteismo del “Ce l’aveva duro Salvini” che si sappia in giro ha generato poco o nulla quanto a genere umano in grado di governare la più difficile città d’Italia. Il socio Di Maio, l’“Incompiuto” resiste alla tentazione di mandare in panchina la Raggi per cedere la fascia di capitano a Di Battista, che gli farebbe ombra. I primatisti della spregiudicatezza incosciente di tanto in tanto fanno circolare la candidatura della Meloni, ma la barzelletta dura lo spazio di una risata. Berlusconi potrebbe puntare sulle tre grazie che manda in scena televisiva per non avvalorare, nonostante gli acciacchi, la fama di trompeur de femmes, ma il machismo forzitaliota si opporrebbe con sit in di protesta. Mettiamola così: la compagnia di giro che occupa ogni spazio della politica ha plagiato con modesto esito l’immenso Eduardo. Di lui attore si è detto che avrebbe scoraggiato ipotesi di astri nascenti per liberarsi in partenza di competitor. I politici delle ultime generazioni hanno lavorato certamente in questa direzione e rottamarli serve a poco in assenza di ricambi dignitosi. Il tifo per i giovani che in questi giorni hanno protestato nelle piazze italiane contro il governo del disastro, accendono una luce, per adesso fioca, di speranza. Per il momento godiamoci l’eroe del nostro tempo Mimmo Lucano, sindaco della stupenda esperienza di Riace, simbolo dell’accoglienza.
Luciano Scateni
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