Al numero 103 del ranking Fifa si trova mestamente la Macedonia, modesta propaggine dell’ex Jugoslavia e l’Italia, in questa fase di qualificazioni per i mondiali in Russia, parlando di calci, l’è trovata tra i piedi nella penultima gara del girone stravinto dalla Spagna. Nessun dubbio sulla facile vittoria azzurra alla vigilia del match ospitato dall’Olimpico Grande Torino, davanti al pubblico amico, che però, considerata la noiosa replica azzurra di incontri precedenti (Spagna, Israele), ha seguito la partita senza entusiasmo, qualche fischio per Immobile, ex del toro emigrato nella Lazio e fischi convinti al minuto 93 quando il portoghese Lopes Martins ha chiuso il confronto con le squadre in parità. L’uno a uno racconta molto della mediocrità di questa nazionale, impostata davvero male da Ventura, senza personalità, priva di un progetto di fattibilità spendibile, tutto sommato modesta anche in termini di qualità complessive e soprattutto non organizzata per ottimizzare alcune potenzialità, Per non far nomi, la forma esplosiva di Insigne e Immobile. Se il calcio non coniuga concretezza e spettacolarità, può diventare assolutamente noioso e questo vale nel giudizio sul confronto Italia-Macedonia in quel di Torino. Come una medaglia a due facce l’Italia di Ventura è l’antitesi del Napoli di Sarri. Lenta, priva del decisivo contributo di un playmaker che agisca da metronomo e ispiratore delle manovre offensive, questa Italia è prevedibile, impacciata e perfino senza nerbo. La controprova è nella disinvoltura con cui i simpatici macedoni, sostenuti dall’entusiasmo di tanti tifosi al seguito, hanno tenuto a bada gli azzurri. In un primo tempo, che ha lasciato quasi in bianco il notes della cronaca, l’unica nota da segnalare è per i due tentativi di Insigne di muovere il risultato, oltre, ovvio, all’azione del minuto 43, quando Lorenzinho ha lanciato alla perfezione Immobile in profondità. Cross del centravanti in area dove stazionava Chiellini in attesa di rientrare. Il dispositivo di difesa della Macedonia non è certamente irreprensibile, è stato un gioco da ragazzi per Chiellini mettere il pallone alle spalle di Dimitrievski. A questo punto una squadra tecnicamente superiore che fa? Parte in quarta al via del secondo tempo per chiudere la questione risultato. Non questa Italia che prolunga per altri 45 minuti il non gioco improduttivo di una partita che è opportuno mettere in archivio con un’etichetta anonima, difficile da ritrovare, per dimenticarla. In dettaglio: Bonucci deve ricorre a sedute di psicanalisi per uscire dalla depressione dell’esodo dalla Juve; in attesa di un centrocampista che ricordi il genio calcistico di Pirlo, la nazionale deve disegnare un progetto alternativo accettabile, operare sulla tenuta atletica di chi va in nazionale (molto più tonici i macedoni), e valorizzare i pochi talenti su cui può contare se rispetta le attitudini che li fanno grandi nelle rispettive squadre del campionato.
Ventura manda in campo Rugani per Barzagli (infortunio), Bernardeschi per Verdi (altro mistero la differenza di rendimento tra campionato e nazionale), Cristante per Gagliardini. Mister Angelovski, riflette: vuoi vedere che contro questa Italia portiamo a casa un risultato clamoroso? E’ di Pandev, forse stanco, ma autore di una prestazione superlativa, il puntuale assist al minuto 77 per Trajkovski, attaccante prolifico subentrato ad Hasani. Tiro da destra forte, teso, alle spalle di Buffon, per il resto della partita disoccupato. Uno a uno. Non cambiano niente i minuti che restano. Il tentativo di assalto finale del Napoli è irrazionale e confusionario. In due parole non evita i fischi di contestazione cha compagnano gli azzurri fuori dall’Olimpico Grande Torino. Lunedi si replica in Albania per l’ultimo appuntamento che precede i play off. Non sarà una passeggiata neppure con la squadra allenata da Panucci.
Luciano Scateni
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