Il fatto quotidiano, di cui è stato direttore Padellaro, uno della vecchia guardia Pci, disturbato dall’attivismo renziano, aveva già dato al giornale una sterzata contro il Pd a guida del premier, ma è niente di fronte alla presupponenza destrorsa del suo erede, al secolo il velenoso, perché avvelenato, Travaglio che in vista del referendum, ma anche a prescindere, riempie metà spazio del giornale con attacchi concentrici al segretario dem e mobilita tutta la redazione, ma anche una’antropologa conosciuta solo a lui e a pochi intimi, tale Signorelli, a cui si deve la seguente filippica: “La sua famiglia (di Renzi, ndr) emblema della peggiore piccola borghesia è assatanata per il potere, clientelare e scalatrice, rappresentativa della sua parte peggiore”. Sarebbe bello poter soddisfare la curiosità e conoscere quanto il “Fatto” ha pagato per queste parole illuminate, lievi, signorili, eleganti. In un solo numero del giornale ecco la nota quotidiana del direttore che dimenticando le intenzioni di voto della metà di italiani nega il contributo dei giovani al SI. Per dare sostanza alla sua cita Napolitano e Verdini, presunti sponsor del SI. Peccato che tra quelli del NO si distinguano per importanza due soggetti che hanno superato da tempo il pensionamento, quali sono Zagreblesky (sconfitto ai punti da Renzi nel confronto su La 7) e Rodotà, il primo titolare di uno sfogo senile sul proprio sfinimento da referendum, l’altro preferito alla Boschi con un confronto improponibile (per mille e una ragioni). Il saccente Travaglio non risparmia neppure la libertà di Renzi che denuncia l’incoerenza grillina tra proclami di onestà e fatti meritevoli di attenzione giudiziaria. “Li teme”, rivela Travaglio, “perché non può contare sui loro voti”. E non gli sta bene neppure la decisione del premier di mettere in discussione i venti miliardi di euro che l’Italia versa alla Ue e di cui usufruiscono Paesi xenofobi che rifiutano di accogliere migranti e alzano muri di respingimento. “Il problema”, sentenzia, “è che siamo dei questuanti (???) che vanno in Europa a piangere e a chiedere deroghe”. Ma come, proprio adesso che facciamo a ragione la voce grossa? Il Foglio mobilita anche Crozza e sempre per bocca del suo numero uno apostrofa Renzi così: “Ha detto che comunque vada il referendum non si dimetterà. Per farlo veramente avrebbe dovuto sparire dalle televisioni!!!”.
Parenti e amici, nepotismo Trumpiano
Se c’è chi pensa che la parentopoli sia una faccenda esclusiva dell’Italia ha materia per ricredersi. Le prime mosse di Trump sullo scacchiere delle nomine per il suo entourage politico pareggiano e oltrepassano il nepotismo del Bel Paese. Il nababbo yankee è titolare di cinquecento attività nel comparto commerciale e di oltre venti entità finanziarie, per la gran parte in odore di conflitto di interessi che prova a driblare affidando la gestione ai figli. Fatto sta che la figlia Ivanka, esibisce in telvisione un giioiello di sua creazione, da tredicimila dollari e che, subito dopo, il suo ufficio stampa lo segnala ai giornalisti, precisando che Ivanka indossava il gioiello preferito della sua collezione: un vero sport pubblicitario ottenuto senza spendere un dollaro, profittando dell’intervista televisiva all’intera famiglia Trump. Sta di fatto che in disprezzo della legge americana che vieta al presidente di contornarsi di familiari come collaboratori, il neo presidente vuole al suo fianco Jared Kushner, marito della figlia Ivanka, quest’ultima in predicato per assumere il ruolo di ambasciatrice Usa in Giappone, posto ora occupato da un figlio di Kennedy. Nel frattempo, a testimoniare il fil rouge di Trump con lo storico nemico russo, le parole del figlio Donald jr sulla chance di ottenere finanziamenti da Putin e la trappola che potrebbe scattare con il progetto di chiudere le frontiere con il Messico ed espellere i suoi migranti, in contrasto con la mole di affari commericli con quel Paese. Stesso problema con i musulmani. Altra grana viene dal mondo sindacale, dal rifiuto del tycoon di trattare sulle condizioni di lavoro, ma anche più serio è il conflitto di interessi nella qualità di investitore della Energy Transfer Partners, coinvolta nella costruzione dell’oleodotto Dakota Access, con le affermazioni negazioniste sull’inquinamento della Terra prodotto dal petrolio. Di pericolosa attualità i problemi fiscali di Trump (”Non ho mai pagato le tasse”) che rifiuta di pubblicizzare le sue dichiarazioni dei redditi e dovrà nominare il nuovo capo dell’agenzia del Tesoro che indaga sulle sue inadempienze. Questa, in sintesi, una parte della vicende scabrose che segnano l’approccio del miliardario alla Casa Bianca, condito dalle prime indiscrezioni sulla scelta di solo “falchi” nei posti chiave di governo.
Luciano Scateni
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