E’ “contratto” il titolo della fiction sostanzialmente televisiva che con un’asfissiante enormità di puntate ha raccontato il sodalizio aziendale di due soggetti parapolitici ai quali, in un Paese di democrazia compiuta, spetterebbero consensi elettorali vicini allo 0,5 percento. Giggino e Matteo II mettono in scena, impunemente, la “drammatica farsa” che ha fiaccato la resistenza degli italiani e abusato della loro pazienza, protetta, prima di estinguersi, da santo Pancrazio, patrono della tolleranza.
E però: in contrapposizione, non sono stati da meno i cahiers de doléances degli sconfitti. In dieci settimane hanno arzigogolato sul nulla della scandalosa impasse 5Stelle-Lega; hanno vivisezionato ipotesi, qualche indiscrezione, la litigiosità ovvia per due soggetti che in via teorica dovrebbero fronteggiarsi armi in pugno e si scoprono invece fratelli in populismo, le loro presunte contraddizioni, ipotesi di stop o di inversione del processo che tenta l’esodo, seppure lento, dalle voragini della crisi; hanno bocciato la letale alleanza grillin-alleanza di incompetenze, pressappochismo, improvvisazione, anti europeismo, autarchia, razzismo, il duplice “volemose bene” erga Putin e Trump; hanno esternato ostilità viscerale, condivisibile, ma ossessiva, per lo sgrammaticato Gigino e il “ce l’ho duro” di Pontida, per il gioco delle tre carte, “questa vince, questa perde”, in tema di linee guida ondivaghe di governo, per più punti opposte; hanno censurato la danza macabra del chi dovrebbe immolarsi nel ruolo di premier, direttore d’orchestra di una banda stonata, regista di una compagnia di dilettanti allo sbaraglio, eccetera, eccetera.
Questo inutile lavorio ha mancato l’obiettivo di porgere a Mattarella la chiave per scardinare la velleitaria ambizione dei due compari di governare il Paese. E allora l’alternativa: desistere dal logorante processo alle intenzioni e utilizzare il tempo che ancora sprecheranno Lega e 5Stelle per un rapido e proficuo esame di coscienza sul tema “come e perché la sinistra ha consegnato il Paese al peggio della politica”. Che ci piaccia, o ci disgusti, il patatrac è in atto e fatta la diagnosi, sarà decisiva la terapia. Tra le poche cose intelligenti, di questo prologo alla sventura di un governo destabilizzante la democrazia italiana, è il riferimento alla saggezza cinese che consiglia di aspettare sull’argine del fiume che passi il cadavere del nemico. Nel caso in questione, che Gigino e il socio leghista si cimentino con l’onere di governare l’Italia, basta aspettarli al varco.
Ma per trarre vantaggio dal molto probabile default, non basterà esultare. I giorni a venire scandiranno un countdown che non farà sconti a inerzia e tentennamenti di lungo termine della sinistra, a sterili conflittualità di correnti, a incontri dilatori e scontri generazionali, divergenze strumentali, complotti, a vendette incrociate, all’insidiosa prossimità con i metodi dello scomparso pianeta scudo crociato.
Non pesasse il ciclico fallimento di scissioni, l’idea di “Rifondazione comunista” o in coerenza con i tempi di “Rifondazione della sinistra”, potrebbe titolare il manifesto di un progetto a breve, medio e lungo termine, che con proficua frequenza alla scuola serale della politica con la “P”maiuscola, recuperi il rapporto diretto, capillare con le persone, i loro problemi e ricomponga l’articolato mosaico delle sezioni-circoli o di qualunque altro presidio di dibattito e operosità democratica, diffuso nel territorio. Altrimenti, come spazzare via i rischi di un prolungato malgoverno?
Luciano Scateni
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