Eccesso di severità, ostilità pregiudiziale, invidia per la fascia tricolore indossata da una giovane femmina? C’è tutto questo ad alimentare la convinzione che la Raggi sindaca di Roma sia un clamoroso autogol del “comico” e del suo rampane direttorio? La Virginia si è adoperata con ammirevole determinazione per dimostrare il contrario. Invischiata nel labirinto di nomine sciagurate, prima fra tutte quella dei “quattro amici al bar”, di defezioni, espulsioni, dimissioni e arresti che hanno scandito i tempi dell’inerzia amministrativa, la sindaca ha mostrato limiti vistosi di esperienza, competenza, aggravate dalla vocazione a spacciare per vere bugie sistematicamente scoperte. In campagna del prima e dopo elezioni alcune gaffe hanno solleticato la fantasia della satira. Su cosa? Un post della sindaca ha rivendicato il successo della festa dei “cittadini”(e di chi altro se no?), “quella che i soliti musoni hanno voluto ignorare”. Peccato che per esaltare la partecipazione di massa abbia pubblicato l’immagine di un’ imponente moltitudine plaudente in Romania, entusiasta delle performance canore di David Guetta che si è affrettato a rettificare la Raggi. Altro che Capodanno romano. A suo tempo l’ex collaboratrice di Previti, sì proprio di quel Previti, aveva sbeffeggiato il candidato del Pd Giachetti, accusato di inciuci con Alfio Marchini, prima outsider indipendente, poi aggregato al carro di Berlusconi e lontanissimo da patteggiamenti con i dem, anzi fiero antagonista di Giachetti. Colpa di un post su social fasullo, preso sul serio. Secondo capitolo. Sotto l’egida del comune di Roma, madrina la Raggi, parte una campagna di promozione per il “Natale nei musei” e chi se ne intende afferma sia stata copiata largamente da una pagina di Facebook. Insomma, plagio, simile alla gaffe della signora Trump che pronunciò un discorso in campagna elettorale preso pari, pari da un intervento di Illary Clinton. La distrattina che siede in Campidoglio, dove alcuni suoi competitor avrebbero rifiutato la candidatura a sindaco per manifesta inferiorità rispetto all’immane compito, ha manifestato cordoglio per la morte di Settimio Piattelli, uno tra gli ultimi testimoni diretti della shoa. L’impeto istituzionale le ha giocato un brutto tiro. Ha pubblicato la foto di un uomo vivo e vegeto al posto di quella del defunto. Ben più gravi sono i casi per i quali la magistratura indaga e tema del gossip è l’indiscrezione regalata da Berdini a un giornalista sul presunto rapporto sentimentale con Romeo (suo amante, ha detto lo scomodo e dimissionario assessore all’urbanistica). La causale delle polizze assicurative (è spuntata una terza) a favore della sindaca? Il “Motivi affettivi”, racconta molto della promozione a capo della segreteria concessa a Romeo (stipendio triplicato) dalla sindaca. Per il movimento “tutto va ben, dama la marchesa, tutto va ben…”, come nella migliore tradizione italiana che tollera, copre, assolve ogni devianza dalla “retta via”…
Pezzi sparsi di dem
Quarantaquattro gatti, in fila per sei, col resto di…? A contarli ci si stanca: i dem sono sminuzzati con imprecisione da chef principianti in “fazioni” come tutti oramai sanno e come racconta anche il Fatto Quotidiano, non senza l’abituale ostilità ispirata dal velenoso Travaglio. Ma ha proprio torto? Smentita impossibile. La maggioranza Pd non è certo coesa e vaga dal migliorismo (Napolitano e seguaci), a chi cavalca la mediazione per tenere un piede in una staffa e uno nell’altra. Non manca chi nella corte di Renzi sta scomodo ed è tentato di emigrare nel club degli scontenti che strizzano l’occhio ai vendoliani, ma non tanto da abbandonare i privilegi dell’appartenenza alla maggioranza. C’è chi (Fassina, Civati) ha salpato dalla baia rassicurante e contemporaneamente agitata dove è attraccata la barca di Renzi, c’è il nucleo secessionista (Bersani, D’Alema, Emiliano), una aerea di dissenso moderata (Cuperlo), incalzano i giovani dem, intenzionati a spingere a fondo sullo svecchiamento, stride il contrasto tra chi vuole o non vuole il Congresso, le primarie, il voto anticipato, la testa del segretario o quella di quanti sono avvitati agli scanni del Parlamento. C’è chi spara con alzo zero su Renzi e i suoi e c’è lui che progetta coalizioni del “tutti dentro”, purché prima di ogni altro noi. C’è l’asse Franceschini Gentiloni. L’alleato Alfano sente odore di bruciato e prova a starne lontano, con sondaggi nemmeno segreti sulla disponibilità di Berlusconi di riammetterlo. E’ in arrivo un regime di bassa pressione, con nuvole cariche di pioggia e neve. Nel cielo del Pd pronosticano esondazioni di fiumi in piena e dighe che cedono. Non è un bene per un Paese come il nostro, alle prese con il dettato autoritario di Bruxelles e il rischio di un devastante tsunami populista.
Luciano Scateni
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