Articolo pubblicato il: 12/10/2016 14:12:13
Fatto e misfatto
I furbetti del “Fatto Quotidiano” (è palese la manina velenosa di Travaglio) contestata la dizione del quesito referendario stilata dal governo perché ad avviso delle opposizioni indurrebbe gli elettori a votare Sì, ne propongono una alternativa che anche un analfabeta della politica giudicherebbe rozza faziosità.
Quella del Fatto Quotidiano, sponsorizzata da tale Paola Taverna, alias la “viperetta di 5Stelle” la sottoponiamo qui di seguito, non senza provare nausea democratica. Eccola: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente l’abolizione delle elezioni per il Senato che sarà composto da sindaci e consiglieri regionali nominati dai consigli regionali, cioè dai partiti all’insaputa degli elettori e incaricati di legiferare in barba alla sovranità popolare sancita dall’articolo 1 della Costituzione?”
Di fronte a questo insulto da internamento in manicomio, a falsità e omissioni del contenuto referendario, ci piacerebbe e molto conoscere il parere degli illustri costituzionalisti schierati per il No.
Vendetta, tremenda vendetta…
Non è “affar suo”. Neppure Semprini, ingaggiato dalla Rai non si sa perché (cioè preferito a 1.700 giornalisti dell’azienda) riesce a contenere la debordante prolissità e le sovrapposizioni di voci degli ospiti del talk show “Politics”, sostituto di Ballarò. Ieri sera il fuoco incrociato di domande di giornalisti del Foglio, del Fatto Quotidiano e della resuscitata Berlinguer, ha messo di nuovo alla prova competenza e prontezza di Renzi. Non ci dilunghiamo sull’esito del confronto, può giudicare solo chi lo ha seguito. Ci limitiamo a chiederci perché l’ex direttrice del Tg3 abbia letteralmente assalito il premier con domande improprie, interruzioni aggressive, toni insolenti e palese ostilità che nulla hanno in comune con la giusta incisività degli intervistatori. Il dubbio che vi fosse nell’atteggiamento della Berlinguer astio vendicativo è apparso via, via, più comprensibile. La figlia del grande Enrico, molto probabilmente favorita nella carriera Rai dal nobile cognome, non ha digerito il cambio di guardia al vertice del Tg3 e potrebbe aver sospettato che alla decisione abbia contribuito il Presidente del Consiglio. Per chi ha occhi per vedere e capacità critica per giudicare, la “performance” è sembrata un autogol dell’esasperazione da marginalità e la conferma della libido negata che ha spinto per anni l’ex direttrice a condurre il Tg3 sovrapponendo due ruoli che altri tengono giustamente separati.
Luciano Scateni