Rottamare un serial rottamatore? E’ ambizione dei rottamati, ma nello specifico dell’ambaradam politico in cui naviga la sinistra. E’ un altro peccato, per nulla veniale, che dem, Mdp e frammenti sparsi di nostalgici pre-berlingueriani compiono in caotica dissonanza con la domanda di democrazia partecipata che gli italiani politicamente sani chiedono invano. Il percorso a grandi passi per affacciarsi sul baratro del suicidio, non si arresta neppure con il default, annunciato e confermato, del voto in Sicilia. Ma non è sconclusionato il sospetto che l’elettorato isolano si debba ricoverare nel reparto di terapia intensiva per subire un intervento di asportazione delle cellule malate di ignoranza politica e delle metastasi dell’incoerenza, malattia per nulla rara in questo balordo esordio del terzo millennio. In attesa di un bisturi riparatore, che operi con mano ferma per sradicare dal corpo logoro dell’Italia i noduli responsabili della sterzata a destra, è sfida, con probabilità di esito senza prigionieri e feriti, tra il rosso pallido del renzismo e il carminio acceso degli emarginati, molto poco rassegnati al pensionamento. Ovvio, c’è altro oltre la contesa generazionale. La lotta fratricida si ammanta di ideologia. Il Dem del segretario ha impure inclinazioni per il migliorismo di cui è stato antesignano il Pci di Ammendola, poi di Napolitano, infine di Renzi. I competitori alla sua sinistra, scissionisti a vario titolo,giudicano maturo il tempo della vendetta, della rivincita. Il renzismo confeziona pacchi dono natalizi con dedica in bella grafia agli “amici” Berlusca, Salvini, Meloni e perché no Musumeci, neo governatore delle Sicilia, destinatario del più voluminoso regalo. Il pacco contiene anche gli omaggi per gli impresentabili che hanno contribuito al successo elettorale. Un cadeau speciale è per il signor Cateno De Luca, neo deputato siculo, sostenitore del neo presidente siciliano, che dovrà riceverlo a casa, dov’è ristretto agli arresti domiciliari, accusato di evasione fiscale.
Il fatidico 40 per cento, tetto minimo per aspirare alla leadership di Palazzo Chigi, eccita la fantasia sovresposta del candidato premier a 5Stelle, che offuscato dal miraggio di Palazzo Chigi e consapevole della sua mediocrità, evita di competere in Tv con Renzi e gli offre l’opportunità di sfotterlo con un “è uguale al nulla”. Sogna il segretario dem (40%? Ce la possiamo fare), vaneggiano i dissidenti, perché smemorati (acciacco della terza età) e perché fingono di non ricordare la rapida scomparsa dagli scenari della politica di Magri, Bertinotti e compagni, scissionisti ante litteram. Ostenta spavalderia la brigata della destra-centro-destra, accozzaglia di inetti (chiaro a tutti il fallimento del governo Berlusca), antieuropeisti, xenofobi, razzisti, nostalgici del regime, ma dovessero risolvere il rebus della leadership, potrebbero riproporre la sciagura di ri-governare il Paese. Il ponte sullo Stretto, spot pubblicitario condiviso da diversi, comunque non si farà (e meno male), gli oneri fiscali rimarranno inalterati, la mafia continuerà a prosperare, in tempi di siccità l’isola soffrirà di nuovo la sete e Sigonella sarà ancora base per il decollo di bombardieri Usa.
Appena eletto governatore, Musumeci ha esternato tra il commosso e l’eccitato: “Sarò il presidente di tutti”. Accidenti, quale eccelsa statura aveva in serbo la Sicilia e che animosa ostilità guida i provvedimenti degli inquirenti che gli contestano l’associazione a delinquere, false fatture, evasione fiscale. Più cattivo di tutti è il Pubblico ministero: che esagerato, ha chiesto per Musumeci una condanna a cinque anni di reclusione. I precedenti: candidato governatore nel 2011 finì in manette per tentata concussione e abuso d’ufficio.
Si affida al cielo l’impresentabile. Ringrazia uno a uno chi lo ha votato e conclude in chiave mistica con un commovente “pregate per me”. Sorge un dubbio. E’ in letargo autunnale la Rosy Bindi, presidente della commissione antimafia, la stesa Bindi che in precedenti vigilie elettorali fustigò gli impresentabili?
Luciano Scateni
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