Articolo pubblicato il: 08/11/2016 15:14:11
Gli ingredienti della zuppa made in Usa sono stati scelti dal peggio dell’offerta culinaria di un Paese che evidentemente a torto è stimato dai più come Terra leader in quasi tuti i campi dell’umanità. Messe a bollire nel pentolone della campagna elettorale, le magagne di Trump e della Clinton hanno fornito agli osservatori del mondo lo spettacolo indegno di una democrazia solo teoricamente avanzata. Ne hanno risentito l’odore e il sapore di una competizione infiorata di insulti, volgarità, sessismo, scontri al limite del wrestling all’ultima stilla di sangue, razzismo, omofobia, revancismo, fanatismo da ultra pro Trump, sfrenata euforia femminista per Hillary. Sullo sfondo i due tutori, la truccatissima Melanija Knavs, terza moglie del candidato repubblicano, ex modella che ha pronunciato un discorso elettorale catturato con il copia e incolla da analogo intervento della Clinton e il marito di quest’ultima inseguito dagli scandali di dongiovanni profittatore del ruolo di Presidente. Il mondo dei normali, estranei alla guerriglia della competizione per abitare la Casa Bianca, si è chiesto in tutto il mondo se sia verosimile il deficit americano di personaggi compatibili con la leadership mondiale, al punto di disputare il diritto alla presidenza tra un evasore totale delle tasse, una donna che ha utilizzato la posta elettronica privata per comunicazioni istituzionali, di ispirare hackeraggi incrociati per una riedizione della guerra fredda, così svelando l’esistenza di scheletri che i due competitori hanno nascosto nei rispettivi armadi. Oggi c’è da esultare per lo stop alla fase ossessiva che ha monopolizzato titoli, articoli, editoriali, inserti, inchieste, scontri televisivi all’arma bianca, opinioni di politologi, scrittori, gente di spettacolo, preti e atei, massaie e scienziati. E’ il momento degli speciali televisivi in tutto il mondo che faranno vivere minuto per minuto il responso delle urne. In casa repubblicana nessuno ha osato competere con Trump nelle primarie e dunque non è dato ipotizzare il meglio di un suo autorevole antagonista, nel mondo democratico è acuto il rimpianto per aver ostacolato e poi stoppato la corsa di Bernie Sanders, di molte spanne migliore della Clinton. Ci siamo e come a accadeva in Italia in regime Dc, quando gran parte dei suoi elettori votava turandosi il naso, anche in America non sono pochi gli elettori del “meno peggio”, del sì alla Clinton che nei sondaggi delle ultime ore sembra accreditata di vantaggio, ma con l’incognita di ben quindici Stati dal voto incerto. Per indurli a boicottare il clownesco repubblicano due o tre argomenti. Trump non capisce un acca di politica estera, promette, e gli si allunga il naso di dieci metri, 25 milioni di nuovi posti di lavoro, vuole erigere un muro di separazione lungo tutto il confine con il Messico e deportare gli immigrati clandestini, abolire il diritto alla cittadinanza americana per chi è nato negli Stati Uniti, liberalizzare senza nessun limite l’acquisto di armi, potenziare l’uso di fonti fossili e petrolio. Come non temere le affinità elettive di Trump con il tiranno turco Erdogan, i consensi di Putin e della Cina, interessati a competere con un interlocutore sprovveduto? Il rischio che sorvola questa giornata cruciale del voto è che gli elettori americani siano condizionati dal vento di destra che soffia su mezzo mondo, Italia compresa.
Luciano Scateni