Colpa di Renzi, dice il grillino Di Battista se la nostra è terra di poveri (uno su quattro italiani, secondo l’Istat è a rischio). E allora mettiamogli in mano la bacchetta delle maghe raccontate dalla fantasia dei favolisti, e vediamo come azzera la terribile statistica. In un gioco al massacro, masochista, quasi suicida, la voglia di affidare a Grillo e ai suoi giovani rampanti la guida del Paese è suggestiva e consentirebbe di scoprire l’insipienza grillina a dimensione nazionale dopo aver assistito alla pochezza dei pochi enti locali che li hanno imprudentemente eletti a sindaco. E però il rischio sconsiglia in fretta questa provocazione e allora meglio che Fico, Di Maio si azzuffino nell’inutile disputa sul papabile grillino candidato a insediarsi a Palazzo Chigi.
Alla via Scarlatti, cuore pulsante del compra e vendi, di una diffusa rete commerciale che ha cancellato la memoria del Vomero, quartiere napoletano dei “broccoli” e delle gite della pasquetta nel bosco dei Camaldoli, con colazione al sacco, in uno dei palazzi tutti uguali, una famiglia di onesti lavoratori ha condotto per oltre vent’anni la sua vita modesta, dignitosa, sobria. Maria Elena, donna da immortalare in una foto simbolo della bellezza meridionale, ha speso gli anni precedenti il matrimonio e molti altri, quelli della piena maternità, in parte negata dal lavoro di domestica full time, con la totale dedizione alla famiglia, a Gigio e Tonino, i due figli concepiti con il compagno della vita. Altiero, di quindici anni più grande si è spaccato la schiena per tenere in piedi i costi del ménage familiare, magazziniere per una multinazionale dei trasporti. I ragazzi studiano e l’obiettivo posto dai genitori per agevolare il loro percorso scolastico è di spostare in avanti il loro futuro, agevolato dalla laurea che spiana il cammino delle professioni. Nessun cedimento intralcia il rigore di Altiero e Maria Elena nella gestione delle disponibilità assegnate con oculatezza da ragionieri alle priorità. Mai un ristorante, un cinema (“che tanto abbiamo i film della tv”) e per lo sport dei ragazzi l’iscrizione gratuita al corso di calcio promossa dall’istituto dei Salesiani con i contributo del calcio Napoli.
Una famiglia normale. L’imprevisto che la priva di questo attributo è brusco, gravato di concomitanze che per chi crede all’ineluttabilità del destino si abbattono con accanimento sulla testa dei De Marino e stravolgono la loro vita perché “sta scritto così nel libro, lassù”. La Transport in the world chiude deposito e filiale napoletana, Altiero si ritrova disoccupato e nell’età più critica per sperare in qualunque alternativa di reinserimento nel mondo del lavoro. Bussa a cento porte e riceve cento “Mi spiace, auguri”. Entra senza accorgersene in depressione e Maria Elena fatica a decifrarne le cause. Il rapporto, solido per venticinque anni, si incrina e ricade in forme vicine all’isterismo litigioso sull’intera famiglia. Non è ancora il peggio.
Nel raggio d’azione di una gang di spacciatori c’è il potenziale mercato degli studenti dell’Istituto Tecnico dove Gigio è vicino al diploma. I compagni più informati raccontano di guadagni facili che alcuni coetanei mettono in tasca con poco sforzo, pusher di una cosca che recluta tra gli studenti delle scuole dove punta a incrementare lo spaccio. ‘Un modo per aiutare la famiglia in seria difficoltà, ma come giustificare i soldi guadagnati così?’ Troverò qualcosa, pensa Gigio e contatta un “anziano” tra i giovani spacciatori che operano nelle vicinanze della scuola. Accordo fatto, a scapito del rendimento scolastico. Il mancato salario di Altiero mette in crisi il bilancio mensile dei De Marino e una delle immediate conseguenze è il ritardo di mesi nel pagamento del canone di affitto. La proprietà della casa, potente immobiliare milanese, dopo aver pazientato nei tempi concessi dall’ufficio recuperi, spedisce un’ingiunzione perentoria che impone il pagamento degli arretrati e della mensilità in corso entro “trenta giorni”, pena lo sfratto. I soldi di Gigio non coprono che in minima parte il debito e non li ai genitori. Maria Elena prova a mettere insieme un po’ di euro. Vende parte del corredo di sposa mai tolto dal baule, porta al banco dei pegni il poco oro di oggetti ricevuti da parenti e amici come doni di nozze. Non basta e Altiero bussa alla porta del fratello maggiore, vedovo da alcuni anni. “La casa non è grande ma non c’è problema, è a tua disposizione, trasferisciti quando vuoi. Staremo stretti, pazienza”. La disponibilità di Giuseppe è certamente generosa, ma anche umiliante, provvidenziale. La donna che Maria Elena ha assistito per anni muore di vecchiaia e deficit cardiaco, finisce anche il rapporto di lavoro, rimasta unica fonte di reddito dei De Marino. La donna contatta le poche amiche di pari livello e la risposta ripete con poche variazioni sul tema che per il lavoro di domestica anche le famiglie napoletane si rivolgono a ucraine, filippine, sudamericane: costano meno e hanno minori esigenze. Altiero incontra i compagni di lavoro licenziati, tutti nelle identiche condizioni di frustrazione. Tra loro è completamente diverso l’umore di Gennaro Vitiello, un omaccione vicino all’obesità, ma come la maggior parte dei grassi gioviale, estroverso. “Altié, te veco malamente, nun fa accussì”. Le confidenze di Altiero lo coinvolgono. “Nun t’avvelì, stamme a sentere”. Senza preamboli gli dice come se l’è cavata dopo il licenziamento. “In via Cilea, sai quel palazzo dove c’è la pizzeria, riceve don Alberto. Presta soldi, a usura. Molti non pagano gli interessi e lui ricorre alle maniere forti. Cioè a me. Non solo a me. Qualche giorno fa mi ha detto che ha dovuto rinunciare ai servizi di un suo tirapiedi che lo ha truffato. Ora cerca un sostituto. Se vuoi ti propongo”. “No grazie”. Il no di Altiero deve fare i conti con la povertà e i bisogni della famiglia. Dopo pochi giorni il “no grazie” diventa un “si grazie. Alla moglie racconta di un lavoro che per quanto precario rende abbastanza bene e lei, per antico rispetto del marito, non chiede altro.
Una soffiata di una gang nemica spiffera ai carabinieri i nomi degli spacciatori che agiscono nei prassi dell’Istituto Tecnico e un loro blitz spazza via la rete di giovanissimi pusher. Il tribunale di minori sentenzia la detenzione di Gigio nell’Istituto di rieducazione minorile Angiulli di Santa Maria Capua Vetere. Su un altro versante la polizia mette fine allo sciacallaggio di don Alberto e alle violenze sulle vittime dell’usura inadempienti.
All’alba, quando il Vomero è ancora immerso nella quiete e le strade sono deserte, un uomo infreddolito, avvolto in un giubbotto che potrebbe contenere due corpi come il suo, passa da un contenitore di abiti usati all’altro. Sceglie cosa portare via e stipa il carrello della spesa della moglie con abiti in buone condizioni. Più tardi li consegnerà alla bancarella del mercatino rionale che offre “usato doc” a pochi euro. Ad Alteri entra in tasca il dieci per cento del venduto. Erano una famiglia i De Marino.
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