Puntuale, come ogni disgrazia ricorrente, l’andamento ciclico e dunque prevedibile del tempo, svela gli intollerabili limiti nella tutela del territorio. E’ il caso estremo di terremoti, alluvioni e altre catastrofi naturali ma, in drammatici termini di attualità, dell’emergenza inverno. Ampiamente annunciato dai complessi ed efficaci sistemi di previsione, in particolare dai sofisticati strumenti di rilevamento di Meteo, è piombato sull’Italia gelo artico e l’ha trovata impreparata, specialmente nel suo ventre debole, il centro appenninico e il sud. E’ venuta giù tanta neve, non c’è dubbio, e non ha risparmiato l’area martoriata dal terremoto, ma neppure i luoghi del Paese marcati dallo stereotipo del clima, mite, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia. Evento eccezionale? Consultati, gli esperti smentiscono, sono episodi ricorrenti ricordano, che dovrebbero essere tutelati da un sistema di interventi permanente. Succede altro, anzi l’opposto. L’Italia si paralizza, su strade e autostrade si snodano colonne di camion, tir e auto stretti nella mora della neve anche per più giorni. Paesi collinari e montani finiscono in condizioni di disagio per mancanza di acqua, elettricità, generi alimentari, il bestiame è minacciato dal gelo. Impressionano lo storico teatro di Taormina dipinto di bianco dalla neve, le fontane della capitale con i getti d’acqua che il gelo ha cristallizzato in ghiaccioli. Spaventano città e paesi sepolti dalla neve e il caso di Altamura, in balia della morsa di gelo per giorni, lasciata al suo isolamento drammatico, induce a moltiplicare la solidarietà per il disagio dei centri devastati dal terremoto e di migliaia di abitanti ancora privi di un tetto. Chiudono scuole di molte città e a Roma, ma non solo, le aule sono frigoriferi. I presidi suggeriscono agli studenti di proteggersi con i piumini portati da casa. Intempestivo l’invito della sindaca Raggi di accendere i termosifoni 24 ore prima della ripresa delle lezioni. Insufficiente dicono i capi di Istituto, anche perché molte caldaie sono bloccate dal freddo e quelle che funzionano non sono riuscite a riscaldare le scuole. Non è il peggio ma in verità per un’altra conseguenza del gelo non ci sono colpe specifiche: l’agricoltura subisce danni incalcolabili alle coltivazioni bruciate dal gelo. Sono otto le vittime del freddo e il codice rosso dell’emergenza invita gli italiani coinvolti nel disastro delle nevicate eccezionali a rimanere in casa, soprattutto a non mettersi in macchina, ammesso che non sia sepolta dalla neve. La domanda inevitabile mette in discussione capacità e strumenti di prevenzione di cui dispone l’Italia: ma altrove, citiamo le grandi città europee del nord dove gelo e neve di casa, vanno in crisi come qui? Evidentemente no. La cronaca di giornate nere che purtroppo si prolungheranno fino almeno a metà settimana riserva uno spazio mediatico all’assurdo dell’ospedale di Nola, raccontato dall’immagine choccante del personale sanitario che presta le cure ad ammalati adagiati in terra nei corridoi, su coperte. Notizie di altri ospedali, senza riscaldamento con motivazioni varie, completano il quadro sconfortante di una débacle complessiva che diventa tragedia con le morti per freddo. Otto in questi giorni. C’è voluta la sensibilità di papa Francesco perché le chiese diventassero luogo di accoglienza per i senza dimora. Allora perché no le scuole, i treni fermi nelle stazioni per manutenzione, le metropolitane e qualunque altro rifugio dal freddo.
Più robot, meno lavoro
Uno sguardo particolare al futuro del terzo millennio, in sede di pronostico di inizio anno, conviene posarlo sull’evoluzione, o involuzione, del mondo del lavoro dove perfino le attività più umili e mal pagate, in gran parte assolte da immigrati schiavizzati dai famigerati “caporali” finiranno, soppiantate da macchinari sempre più sofisticati. La tecnologia ci ha introdotto nella stagione robotica del mondo e niente sembra che potrà arrestarla. Automazione e umanoidi provvedono già alla produzione industriale di auto ed elettrodomestici, di prodotti alimentari, si avviano ad assumere il compito casalingo proprio delle collaboratrici domestiche, a diventare indispensabili in chirurgia, a innovare il mondo dell’auto senza nessuno alla guidai e di altre centinaia di attività affidate finora all’uomo. L’esito di cui la società italiana e mondiale sembra preoccuparsi poco è la perdita di mestieri, professioni e milioni di posti di lavoro. Sono a rischio mestieri tradizionali, almeno una decina appena entro il 2022. Qualche esempio: gli agenti di viaggio, in crisi per il fai da te dei turisti. Scomparirà la figura dell’assistente di volo e le sue funzioni saranno sostituite da mezzi tecnologici. Diventerà inutile anche il lavoro dei “letturisti” di aziende che erogano servizi (luce, acqua, gas, eccetera), quello di gran parte dei bancari, già in atto con migliaia di licenziamenti provocati dall’era dell’on line. Tempi duri anche per i portalettere, minacciati dalla consegna a domicilio effettuata da droni. Si ridimensioneranno quantità e ruoli della carta stampata, surclassata dai media radiotelevisivi, dall’informazione in tempo reale fornita 24h dai siti sempre più frequentati dagli internauti. Ogni atto dei rapporti tra cittadini e istituzioni avverrà su computer, smartphone e chissà quale altra diavoleria inventata dall’informatica. L’orizzonte dell’inedito che ci aspetta non sembra avere confini e alimenta i timori per la ricaduta sull’occupazione e non meno del gap che separa il mondo dell’innovazione promossa da condizioni generali di vantaggio dal pianeta dall’arretratezza economica e culturale di mezzo mondo. Aggravante del problema è la progressiva disaffezione per mestieri di antica tradizione. I vecchi artigiani del legno, del ferro, altri lavoratori specializzati di ogni genere, non hanno più a chi trasmettere le rispettive competenze. Troppi giovani respingono i tempi del rodaggio che un tempo precedeva l’ingresso a pieno tiolo nel mondo del lavoro con un periodo di apprendistato. Purtroppo la politica non riesce a liberarsi dell’improduttività diffusa di contrapposizioni sterili, anche extraparlamentari e perde consensi vistosamente, inputata di occuparsi male del presente e quasi niente del futuro che incombe con mille incognite.
Luciano Scateni
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