Articolo pubblicato il: 05/04/2020 19:34:02
Il Vomero, quartiere collinare di Napoli, prima del boom edilizio, che lo avesse dimensionato come una media città, per i ‘napoletani di giù’ era ritenuta la campagna coltivata a broccoli. Negli anni sessanta, divenuto quartiere residenziale, si è proposto commercialmente con i due percorsi perpendicolari delle vie Alessandro Scarlatti e Luca Giordano, che ospitavano botteghe storiche. Alla domenica, le brave e oneste famiglie del quartiere replicavano un modello festivo standard: sveglia con comodo, abito ‘buono’, la messa e di ritorno dalla chiesa la tappa bene augurante nella pasticceria, bar e rosticceria ‘Daniele’, per il rito della guantiera di sfogliatelle e paste assortite. Poi via libera ai ragazzi, per una mattinata di sport nel cortile dei Salesiani e per gli adulti il passeggiare nel verde della Villa Floridiana. Nel pomeriggio il calcio raccontato dalla radio per i maschi e il tè della moglie-madre con l’amica della casa affianco. Bei tempi che furono, di segregazione e invece oggi ‘Che domenica bestiale’ come canta Fabio Concato.
Che domenica bestiale è questa di un 5 Aprile che scardina ogni storico rituale? Via dal letto oltre le nove, ore e ore in pigiama, a conclusione di un lungo dormiveglia abitato da residui di incubi notturni. Nessuna voglia di abituale normalità e rinnovata consapevolezza del ‘tempo inutile’ di un’altra giornata da reclusi, di informazioni seriali sull’infierire del corona virus, di insopportabile identità tra ieri, oggi, domani, aprile, maggio…, tra i primi sei giorni della settimana e questa, ma di ogni prossima domenica.
È ossessivo, invadente, il titolo ‘mascherina’. Disorienta, spiazza, pervade il doloroso, ricorrente capitolo dei controversi antidoti al Covid-19. Fase 1: servono ma perché sono introvabili, autorevoli virologi, mentono sull’inutilità di questa protezione, a dispetto dall’importanza decisiva svelata dalla sanificazione di Whuan e di opinioni altrettanto autorevoli, di segno contrario. Fase 2: indossare mascherine e guanti, oltre a tenere la distanza di sicurezza. Buone intenzioni, ma continuano a mancare e si scopre che il moloc della burocrazia blocca la produzione. Mancano anche a medici e infermieri. Fase 3: “mascherine fondamentali per fermare il contagio”, ma i ritardi nella produzione impediscono che tutti possano usufruirne. Il colmo: ai cittadini della povera Lombardia, in questa buia domenica di Aprile, è vietato circolare senza indossare mascherina e guanti e in contemporanea Borrelli, responsabile massimo della protezione Civile, racconta di non usare questa protezione perché “Rispetto le distanze”’. Lo smentisce clamorosamente l’onnipresente virologo Burioni, che dichiara “in giro tutti con la mascherina”.
A compensare lo smarrimento le news in chiave positiva: autorevoli giornalisti europei e mondiali assegnano la palma di migliore struttura sanitaria specialistica all’ospedale Cotugno di Napoli; nella valutazione delle qualità regionali antivirus merita il riconoscimento il bistrattato centrosud e proposta di laurea supplementare in generosa creatività ai giovani ingegneri che regalano a chiunque ne faccia buon uso la realizzazione con una normale stampante in 3D del dispositivo per trasformare le maschere in respiratori, presidio indispensabile salvare vite umane nella fase di terapia intensiva. Il prossimo Nobel per la Medicina? Al personale sanitario che opera a rischio della vita per assistere i colpiti dal virus.
LUCIANO SCATENI