Articolo pubblicato il: 01/07/2019 13:40:06
Titolo “C’è solo un capitano” (sarebbe Salvini, capitano e si spera di breve corso) ndr). Nel post, con l’immagine di Carola Rachete la seguente scritta: “Impalamento (con tubo d’accia, entro dalla fica e le esca dalla bocca) in pubblica piazza”. Il canagliesco “punto di vista”, pubblicato sui social meriterebbe da solo di lasciare in pace la comandante della Sea Watch e di occuparsi del delinquente, autore del messaggio che fa vomitare. Non l’avremmo mostrato a corredo della nota quotidiana se non fosse la sintesi dei mentecatti che sono saltati sul treno del Carroccio al potere, com’è purtroppo consuetudine degli italiani mentalmente disattrezzati. In quella frase c’è un perché gigantesco che giustifica l’ostracismo collettivo del Paese al suo ispiratore, occupato full time a spargere veleno e odio. Giornali e informazione televisiva concedono a Salvini spazi mai riservati a uomini di governo: dal suo faccione, auto ripreso dalla web cam e riprodotto dall’intero sistema televisivo mattina, pomeriggio, sera e notte inotrata, non una parola di esecrazione per l’orgia di ingiurie dei suoi seguaci. Di qui la scelta di pubblicare l’immagine diffusa su internet, di gravità pari a quella di chi stupra con la violenza, picchia e uccide mogli, fidanzate, ex compagne. La domanda è se configuri anche gli estremi da perseguire come reato, con il titolo “istigazione a delinquere”. Il nome del mittente è stato oscurato (non si sa se da all’autore, dall’imbecille che ne ha condiviso il contenuto o da un indignato), ma non dovrebbe essere difficile risalire alla sua identità. Oltre al de ja vu, spulciando le farneticazioni di beceri leghisti è possibile rimpinguare il loro rosario di insulti: “Sbruffoncella” (Salvini), “Baldracca”, “Raparla a zero (stile nazisti) e metterla al gabbio a pane e acqua”, “Invece di rompere il cazzo agli italiani perché non vai a pijallo ’n der culo in Africa”, “Bisogna dare atto che reggerne 42 in 13 giorni non è un gioco per tutte”. “Secondo me l’unico interesse è preservare quello che i clandestini hanno tra le gambe”, “Maledetti immigrati dotati di pene”, “In galera subito. Schifosa”, “Una stronza che andrebbe subito arrestata”, “Cesso di mare”, “Schifosa di merda”, “Zecca di merda”. E sui migranti: “Non dovete farli entrare, dovete spararli”, “Spero vengano rispettate le leggi italiane. Altrimenti corte marziale”. Su Lampedusa: “Bisogna affondarla, è una vergogna italiana”.
Sono questi gli elettori del ministro dell’Interno e lui non se ne vergogna, anche perché gli consentono di entrare in silenzio stampa sugli scheletri che ha nel cassetto. Per fingere che non esista l’accusa di aver truffato 49 milioni allo Stato, il “democratico” vice premier fa cancellare dai suoi scagnozzi ogni commento alle sue sparate on line che contenga il riferimento ai 49 milioni. Per aggirare la “censura” si può però modificare il numero 49 in 50 meno 1, 48 più 1 e così via.
Tutto il resto è mezzo di distrazione di massa, usato a piene mani da chi gestisce la macchina propagandistica del vice premier leghista. Vale la pena solo di sottoporre all’attenzione di chi lo vota il danno istituzionale che l’Italia subisce per la libido di apparire l’uomo forte erede di Mussolini: alla pessima stima dell’Europa per il nostro Paese, giudicato incapace di una sana gestione finanziaria, si sovrappone l’ostracismo nei confronti di questo governo per l’arresto e l’incriminazione di Carola Rackete, che nella sua giovane, ma intensa storia di comandante, ha collezionato decine di salvataggi di migranti che altrimenti sarebbero finiti, come altre migliaia, in fondo al Mare Nostrum. Dobbiamo a Salvini la condanna politica di Germania, Francia, Lussemburgo, quella meno esplicita, ma condivisa di altri Paesi europei, l’autorevole della Chiesa, la dura contestazione dell’area democratica del Paese spaccato in due anche sulla scabrosa questione dell’accoglienza e dei respingimenti, dell’integrazione o dei muri di confini con i Paesi slavi. Tra le voci di chi è contro la repressione degli interventi umanitari della Sea Watch: “Carola Rackete non era tenuta a fermarsi”. Lo afferma Gregorio De Falco, ex comandante della Guardia Costiera. “L’arresto di Carola Rackete è stato fatto per non essersi fermata all'alt impartito da una nave da guerra, ma la nave da guerra è altra cosa, è una nave militare che mostra i segni della nave militare e che è comandata da un ufficiale di Marina, cosa che non è il personale della Guardia di Finanza. Non ci sono gli estremi. La Sea Watch è un'ambulanza, non è tenuta a fermarsi, è un natante con a bordo un'emergenza. La nave militare avrebbe dovuto anzi scortarla a terra”.
Tutto il resto è mezzo di distrazione di massa, usato a piene mani da chi gestisce la macchina propagandistica del vice premier leghista, è la speranza di voltare rapidamente pagina per occuparci dell’Italia economicamente malata, perché s-governata dai gialloverdi.
Luciano Scateni