Che peccato, il grande scultore Igor Mitoraj non è più di questo mondo. Si devono a lui le maxi sculture di figure mitiche della storia, di recente installate nel fantastico scenario degli scavi di Pompei. Fosse in vita e grazie a una raccolta di fondi tra gli estimatori, gli si potrebbe commissionare una statua di sessanta metri, quanto quelli del contestato corno natalizio di Napoli, raffigurante Di Maio, immortalato mentre bacia la teca con il sangue di San Gennaro, indifferente alle dissertazioni scientifiche sull’autenticità del “miracolo”. Detto in confidenza, Di Maio lo meriterebbe. Ci ha convinto il suo esegeta Paolo Picone, compagno di studi, che non ci sorprenderebbe se in un improbabile governo 5Stelle, fosse ministro della cultura per meriti letterari. E’ infatti l’autore della biografia dello yuppie pomiglianese che definire apologetica è poco appropriato per difetto. Con generosità vi risparmiamo la retorica elogiativa che disegna Di Maio come l’unto del Signore messo al mondo con la missione di “far rinascere l’Italia”, ma non possiamo esimerci dal citare un passo commovente del volumetto agiografico. L’autore virgoletta questa illuminante esternazione del pentastellato, a giustificazione dell’inciampo universitario, dell’abbandono da fuori corso della facoltà di giurisprudenza, esperienza definita più complicata di quanto si immaginasse (!!!). Dice Di Maio: “Facendo gli esami da vice presidente della camera potrei essere ingiustamente privilegiato”. Bugia pinocchiesca, fantastica gaffe, una delle tante, perché la giustificazione sottintende un presunto, illegittimo favoreggiamento dei docenti nei confronti di un politico in carriera.
Nel pamphlet di Piscopo non vi è cenno al fiasco di Di Maio candidato alle elezioni comunali di Pomigliano d’Arco del 2010. Con una lista di destra, in continuità con il padre fascista, racimolò 59 voti di parenti e dei 4 amici al bar. Inciampi grammaticali, gaffe a ripetizione, bugie? Non ve n’è traccia in “Di Maio chi? Vita, opere e missione del politico più bersagliato d’Italia”. Ci si può far conto, c’è materia e modo per una seconda pubblicazione anti apologetica.
Questa nota ritiene di aver esaurito ogni interesse per il giovanotto che il comico genovese, a conferma di accertata incompatibilità con la politica, ha investito di una doppia responsabilità. Non è la prima cazzata. La microbica Raggi alla guida della capitale d’Italia è un’altra idiozia da leader improvvisato, da guitto squinternato e sguaiato di quelli che strappano risate vomitando barzellette volgari. Continuare a parlare di Di Maio svilirebbe la professione giornalistica, come spettegolare sugli innamoramenti a giorni alterni di Belen Rodriguez, come speculare sul nuovo look, da Spa per Vip, dell’ottantenne Berlusconi o sul parrucchino di Trump.
Luciano Scateni