Sono molto orgoglioso per aver dichiarato guerra da anni a chiunque, autorizzato ad accedere in prima persona ai media, ne ha abusato per coprire di fango Napoli illecitamente, mentendo con una lettura faziosa della città, raccontando esclusivamente, a senso unico, difetti e limiti, per altro comuni a mille altre metropoli, ad ogni latitudine del mondo. Cronologicamente ultimo obiettivo della contestazione è il caso “Gomorra” che ha arricchito la furbizia letteraria di Saviano con il racconto cinico di un segmento di Napoli, simile ad ogni altra marginalità sociale che genera criminalità e degrado civile. Esempi in parallelo sono le banlieue parigine o la periferia da terzo della Grande Mela, di New York. Devo al maestro Muti se ritorno sulla questione che per anni mi ha costretto a contestare le testate giornalistiche con cui ha lavorato, impermeabili a ogni proposta di dare il giusto spazio ad eventi napoletani di grande valore culturale. La richiesta di contributi, con monotona spocchia antimeridionalista, puntava esclusivamente al “nero” dei morti ammazzati di camorra e al degrado per la mancata raccolta dei rifiuti.
La rabbia per l’oltranzismo vicino al razzismo si è acquietata di tanto in tanto, merito dei quotidiani che hanno pubblicato “Lettere al direttore” di turisti italiani e stranieri stupiti per la bellezza ambientale e artistica di Napoli, per l’accoglienza e l’aspetto di città viva, ricca di un passato ineguagliabile. E’ molto più appagante e induce a legittimo campanilismo l’esternazione di Riccardo Muti pubblicata dal quotidiano la Repubblica nelle pagine locali. Dice il maestro napoletano, che ha girato il mondo con la sua arte, di combattere i luoghi comuni sulla città. Dice, che chi li condivide, non sa quasi nulla o conosce solo in generale le sue bellezze. Dice che è una città colta, con una storia irripetibile ignorata. Ricorda che in altre città del mondo, ci sono più morti ammazzati che a Napoli (solo per fare un esempio 500 a Chicago, 419 a New York, in un anno). Muti si dice stanco di sentire parlare di mandolini, mozzarella e pizza e anche se border line, di camorra. Per fortuna i denigratori non scoraggiano italiani e stranieri e Napoli assiste con legittima soddisfazione al crescente favore che le riserva il turismo. Solo rose e fiori? Ovvio, no. Problemi insoluti ostacolano la migliore fruibilità dei mille attrattori che partecipano alla scelta di visitare la Partenope esaltata dai viaggiatori dell’ottocento o da chi la conosce a fondo, per viverla o averla più volte esplorata. E’ problematica la mobilità urbana, metro inclusa (corse insufficienti, frequenti stop per motivi tecnici), non esiste un luogo deputato a esibire in permanenza l’eccezionale patrimonio della musica napoletana, parte dei ristoranti praticano strumentalmente prezzi esorbitanti, ingiustificati, è insoluta la vetusta questione della piazza grande, la piazza Plebiscito, che liberata dal caos delle auto parcheggiate, è rimasta un grande, magnifico spazio urbano, non vissuto, a differenza di quanto accade per consorelle famose come la veneziana piazza San Marco.
Luciano Scateni
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