Articolo pubblicato il: 05/11/2019 15:31:41
Facciamo sul serio: ovvero, al primo rigurgito di razzismo da stadio, di insulti ai giocatori con la pelle nera o a luoghi dell’Italia a sud di Roma, la società che non ha saputo o voluto reprimerli si penalizzi con dieci giornate di incontri casalinghi a porte chiuse, privi di spettatori. In caso di recidiva, si estenda il provvedimento all’intero campionato.
Per il fanatismo di chi è schiavo della calciomania, male patologico di cui ha colpa l’ossessione mediatica di giornali e televisioni, sembra l’unico antidoto possibile costringere i club a stroncare il fenomeno con mezzi drastici, primo fra tutti il taglio del cordone ombelicale con la teppaglia che si annida tra gli ultras. Hanno sbagliato i giocatori del Brescia, compagni di squadra di Balotelli e quelli del Verona, sua avversaria, a trattenere in campo il giocatore italiano di origine africana intenzionato a uscirne? Il gesto di denunciare così i cori razzisti di cui è vittima non solo nello stadio veneto, avrebbe accelerato probabilmente l’attuazione del patto di uscire dal campo al primo accenno di insulti dei giocatori neri, che contribuiscono con la loro presenza alle fortune delle squadre italiane, che per schierarli nelle proprie formazioni investono somme astronomiche e da qualche tempo prelevano in Africa giovanissimi talenti, con costi modesti.
Luciano Scateni