Ingrao, nobile protagonista del comunismo italiano, dal luogo della sepoltura, pronuncia l’anatema contro quel che resta della sinistra nata dall’eroismo dei partigiani, dalle lotte operaie, dalle battaglie per i diritti civili negati. Tutto inquinato dal progressivo disconoscimento dell’ideologia promulgata dal più lucido teorico della giustizia sociale, dallo scomodo Marx, che eredi irriconoscenti hanno seppellito nella polverosa nicchia dell’oblio. Non ci si chiede neppure più quale sarebbe la sua sentenza sul match senza esclusione di colpi che si disputa da mesi, forse da anni, tra pesi medi della politica, i dem Renzi e D’Alema. Il loro incrociare i guantoni sul ring della politica appassiona poco la massima parte dell’opinione pubblica e denuncia le conseguenze dell’età imberbe della nostra democrazia. Chi ricorda i grandi duelli tra leader di opposte fazioni, pieni di tensione, spesso aspri, prova sgomento se deve dare un senso al conflitto senza esclusione di colpi che dilania il Pd, stressato di suo per la faida interna innescata da Renzi, asso pigiatutto con doppio ruolo di premier e segretario dem e alimentata dagli “scontenti”, dagli emarginati dal rottamatore, i Fassina, Civati, Bersani, Cuperlo e appunto D’Alema. Nell’ordine, se ne avvantaggiano Grillo, a dispetto delle beghe interne e di approcci non proprio irreprensibili alla guida di enti locali, Forza Italia, benché preda di uno scompaginamento irrisolto, i moderati di Alfano, indispensabili partner di governo con potere di ricatto e il furbetto del parlamento Verdini che, verificate le difficoltà della giunta Renzi, si offre come compartecipe governativo. In altri tempi i livori Renzi-D’Alema avrebbero concluso il loro stancante tran tran con un duello all’alba, padrini Ordini e Speranza. Ma siamo nel tremila, costretti a subire i passaggi incruenti e insopportabili della disputa.
Sì o No esteso al Nobel Dylan
In margine ai Sì-No per il Nobel, premio che gratifica un grande del nostro tempo, il cantore, poeta e scrittore americano Bob Dylan, le voci autorevoli di due big della letteratura mondiale, l’americano Cunningham decisamente a favore e l’inglese Martin Amis che elenca con rammarico scrittori meritevoli del riconoscimento, rendono viva la polemica che molti intellettuali ritengono espressione di miopia da invidia.
La Nato ordina, l’Italia obbedisce
Passi per l’ospitalità concessa a Sigonella, che gli americani sfruttano per lanciare i loro bombardieri con piloti o radiocomandati, dimenticate le contestazioni per aver violato la Costituzione, con l’invio di militari a difendere in armi la diga di Mosul, ecco un nuovo motivo per denunciare la violazione italiana dell’articolo che vieta il ricorso alle armi: le sempre più preoccupanti tensioni USA-Russia, si inaspriscono e non annunciano nulla di nuovo. Putin schiera ai confini con paesi confinanti, la Nato non perde un istante e replica: per cautela dobbiamo rispondere e in fretta e furia a Putin che ha schierato i suoi a ridosso dei paesi della Comunità. All’Italia è richiesto un contributo di 140 soldati dislocati in Lettonia: la decisone risponderebbe a criteri di sicurezza internazionale, in risposta ad analoga iniziativa del premier russo. E’ non è uno scherzare con il fuoco?
Al servizio della Juve
L’irriducibile sudditanza psicologica (solo di questo si tratta?) della redazione sportiva del quotidiano la Repubblica allo strapotere finanziario e non della Juventus si concretizza ancora una volta (ormai collezioniamo questo tipo di protesta) con la scelta di enfatizzare qualunque cosa riguardi i bianconeri, a scapito dell’obiettività. Dite voi: in questa giornata di anticipi cos’è giornalisticamente più rilevante, l’agevole turno della Juve con l’Udinese o una della più classiche sfide del nostro campionato che vede di fronte al San Paolo Napoli e Roma? Quest’ultima senza alcun dubbio, ma non per la Repubblica che assegna alla squadra di Allegri titolone e grande spazio di apertura della pagina e al Napoli un quasi trafiletto in basso. Vedere per credere ed è sempre così.
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