E’ turismo mordi e fuggi dalle nostre parti. Il tassista, che mi scarica a cento metri dall’ingresso alla stazione centrale, ha idee chiare sugli ospiti della città. I peggiori arrivano con le mastodontiche navi crociera. Poche ore per non capire niente di Napoli, e di nuovo vita di bordo. La conoscenza meno superficiale i crocieristi la vivono nei minuti che precedono l’approdo e i quelli della partenza, con la visione da mare dell’arco che include la collina di Posillipo e le falde del Vesuvio. Di breve durata e a rispettosa distanza la visone del profilo di Capri e la sagoma di Ischia.
“Per fortuna è in crescita anche il turismo stanziale. Alberghi pieni, B&B che nascono come funghi. L’offerta di servizi essenziali è però sottomisura: alternative alla pizza serale vicine allo zero”. Il tassista in questione è prestato al traporto pubblico. Laurea (ci avrei scommesso) in giurisprudenza, ripiego lavorativo per “campare” se e la famiglia.”
Piazza Garibaldi è uno dei più grandi e caotici suk del mondo, spaccato di promiscuità universali. Nelle zone limitrofe convivono enclavi africane, quartieri cinesi, ambulantato autoctono, in un mixer di inaudita anarchia.
La casella del display con orari di arrivo e partenze, al rigo Reggio Calabria, ore 16 e 45, non indica il binario di partenza, ma in crescendo annuncia ritardi. Partirà? Lo speaker delle ferrovie avverte i passeggeri del regionale 2685 che il treno è stato soppresso, il timore per il Reggio Calabria senza indicazione del binari è legittimo.
La voce ben educata dell’annunciatrice ferroviaria invita gli accompagnatori dei passeggeri a scendere, si parte. I coinquilini della carrozza numero 4 posti 63/68 61/65: un reggino emigrato a Roma, un giovane docente di Tropea che insegna a Bologna, un ragazzo di Lamezia Terme.
Raccontano della loro terra: “Abbiamo un tesoro, una regione con ottocento chilometri di coste, di bellezza ineguagliabile, mare e sole che ci invidia tutta l’Italia e gran parte del mondo, campagne fertili come poche, gente laboriosa, tradizioni e tanta cultura popolare, disponibilità all’accoglienza, ma…siamo individualisti, disorganizzati, anacronisti. Abbiamo consentito alla speculazione immobiliare di massacrare il territorio, utilizziamo poco e male i finanziamenti europei. Un esempio per tutti: il Cirò, uno dei vini italiani nobili, non ha mercato se non nell’esportazione, specialmente negli Stati Uniti, ma poca visibilità e presenza nei mercati nazionali. I villaggi turistici sulle coste del Tirreno e dello Jonio sono generalmente di modesta qualità. Le poche eccellenze sono esclusività dei riciclatori di denaro sporco della ’ndrangheta. Una perla, qual è Tropea attira il turismo del Nord, ma contemporaneamente lo respinge con costi di soggiorno proibitivi, ci sono città (a parlarne è il giovane di Lamezia) amministrate con i piedi, senza attrattori per chi ci vive e chi la frequenta sporadicamente, chi combatte con successo la piaga della mafia dura poco dalle nostra parti. Il sistema antico per non completare l’opera di bonifica è la promozione con incarichi romani improduttivi (è l’opinione del docente emigrato a Bologna)”.
Arrivo a destinazione nei giorni di fine Agosto, quando il villaggio in prossimità di isola Capo Rizzuto è da vivere splendidamente in solitudine, o quasi. Il mare è trasparente, il sole lo riscalda come si deve, il pesce al ristorante “Qui solo mare” è appena pescato. A sera la luna piena, a guardarla sdraiati sulla sabbia, è da foto ricordo. Anche questa è Calabria. forse solo questa.
Luciano Scateni
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