Chiacchere a ruota libera tra amici: dove sono più i leader di una volta, i De Gasperi, Spadolini, Moro, Berlinguer…e perfino a destra c’era un personaggio di alto spessore, chi non ricorda Almirante, la sua statura, il dono di affabulatore? Come avessero ascoltato il cicaleccio, i consiglieri i comunali di Roma, in combutta grillini e fratellini d’Italia, approvano una mozione che dà mandato per intitolare una strada o una piazza al neo fascista, capo del Movimento Sociale Italiano, nella scia di chi si pone l’obiettivo di resuscitare il regime del ventennio, cioè di una dittatura imposta a colpi di manganello, olio di ricino, deportazioni in Germania, carcere per i dissidenti, responsabile di aver trascinato il Paese in una guerra suicida, di aver stretto una sordida alleanza con il nazismo di Hitler.
In corso di “Porta a Porta” Virginia Raggi è informata dell’iniziativa del suo consiglio comunale (ma davvero non ne sapeva niente?) e a domanda risponde che “Se l’aula ha votato favorevolmente condivido il provvedimento. Se è passato vuol dire che i consiglieri sono determinati e vogliono intitolare una strada a questo personaggio”. Il piccolo dettaglio che non sfiora l’idea di decenza della sindaca è che ha votarlo sono stati fraternamente solidali grillini e Fratelli d’Italia.
Protesta la comunità ebraica, protesta la sinistra e probabilmente la quota sana del Movimento 5Stelle. L’improvvida sindaca, coinvolta dallo scandalo dello stadio rinsavisce quando la notte porta consiglio. A Mezzanotte innesta la retromarcia e proclama: “Nessuna strada di Roma avrà il nome di Almirante”. Neppure una parola per i suoi consiglieri in combutta con la destra della Meloni e nuovi segnali di malessere tra i pentastellati. Al voto della mozione si sono astenuti due grillini e c’è stato il no di Maria Agnese Catini. Escono dall’aula i dem: “E’ l’ultima vergogna della giunta Raggi, che va perfino oltre l’esecutivo guidato da Alemanno”. Eesulta Giorgia Meloni e definisce la mozione un risultato storico. Da non sottovalutare il suo flirt con Salvini, sempre più destrorso e orientato al “Tale e quale”, show di Carlo Conti, che al valpadano leghista chiederà l’imitazione di Mussolini, certo di un buon risultato.
Il giudizio di Calenda, ex ministro dell’economia dei governi Renzi-Gentiloni sulla Raggi: “E’ una che improvvisa, che non controlla la situazione, che non legge una carta, che ha messo Roma fuori controllo. Mai visto niente di peggio”. Il Movimento, sfuggito dalle mani del binomio Grillo-Casaleggio, è come impazzito, dilaniato dalla guerriglia interna. Di Maio, fino a qualche tempo fa “l’intoccabile” è sotto accusa per l’affinità elettiva con Lanzalone, co-protagonista dell’affare stadio della Roma e autore dello statuto grillino. Roberta Lombardi, pasionaria a 5Stelle e capogruppo della regione Lazio, riceve molti consensi della base. Invita al pentimento Di Maio e i neoministri Bonafede e Fraccaro, per aver sostenuto Lanzalone.
Piovono tegole sui 5Stelle, ma non va meglio alla Lega, indagata come usufruttuaria di somme a sei zeri di oscura provenienza e per relazioni pericolose di Giorgetti con Parnasi, arrestato per le vicende del nuovo stadio di Roma. In una delle conversazioni registrate il palazzinaro chiede all’economista della Lega di fargli conoscere Di Maio e gli raccomanda di essere super parati “perché se ci vedono siamo fritti”. E’ nota anche una cena sul tema tra Lanzalone e Casaleggio in un ristorante romano e non meno quella a casa Parnasi, ospite Giorgetti. Insomma i binomi sono Di Maio-Lanzalone e Parnasi-Salvini. Nella rete di Parnasi sembra finire anche Malagò, presidente del Coni (indagato). Chiede un favore per il fidanzato della figlia. Detto, fatto e, coincidenza singolare, il Coni cambia idea sul progetto dello stadio in rapporto ai parcheggi che sono di sua competenza. E’ chiaro perché il Salvini prova a destituire Cantone, capo dell’anticorruzione? Commento del leghista: “Per me Parnasi è una persona perbene”.
Anche questa è l’Italia.
E questa è l’America di Trumpche i democratici americani non sono in grado di sottoporre a impeachment. Il tycoon e famiglia, cioè Donald e i figli Donald, Eric e Ivanka, sono accusati dalla procura generale di New York di aver usato il finanziamento della fondazione Trump per scopi personali, in violazione alle leggi federali dello Stato. Il presidente dell’autarchia Usa (dazi su prodotti d’importazione), così afferma la Procura (che chiede la restituzione di circa tre milioni di dollari), si è appropriato dei soldi delle donazioni a scopo benefico e li ha utilizzati per finanziarie le sue controversie giudiziarie e la campagna elettorale.
Luciano Scateni
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