Quattro giorni, solo novantasei ore, poi il voto americano dirà se il mondo potrà esultare, molto moderatamente, per la prima donna alla presidenza del colosso mondiale o dovrà strapparsi i capelli e temere il peggio per la Terra se l’impresentabile Trump dovesse godere della stupidità di un popolo che ha tifato per lui e quanto rappresenta al peggio in sessismo, omofobia, xenofobia, machismo. Se l’America non ride per la candidatura clownesca di mister Donald, l’Italia dovrebbe piangere, unico Paese della Ue, a braccetto con l’Ungheria fascistoide di Organ, a esprimergli consensi per il 21 percento. Il confronto con i partner europei, attestati sul molto più modesto sette percento, è umiliante. Che dire della Cina, protesa all’elezione di Trump? Certo, che Mao darebbe in escandescenze nella tomba e che i comunisti residuali viventi hanno esaurito ogni empito rivoluzionario. Quello di Lenin è morto e sepolto da un tempo ormai infinito e l’empatia di Putin con l’avversario della Clinton va oltre scelte emotive, se è vero che gli hacker russi hanno operato per sabotare la campagna elettorale di Hillary.
Sisma, ancora per quanto?
Cosa aspetta l’Italia dei propugnatori di un futuro di ripristino dello status quo ante, di paesi da ricostruire esattamente nei luoghi del disastro, cosa aspetta, che la crepa chilometrica provocata dal sisma si allarghi fino a ingoiare case, chiese, fabbriche? Le viscere della terra sono in subbuglio, forse mai come in questo sommovimento che non accenna a placarsi, testimonianza di un fenomeno senza precedenti. La frequenza e intensità delle scosse ammonisce l’Italia: la dorsale degli Appennini non è più la stessa e le sue ferite incombono sul futuro delle aree adiacenti o all’interno del cerchio a rischio. In ultimo si registra anche l’imprevedibile e preoccupante nascita di un piccolo vulcano che erutta fango e detriti. L’episodio resterà un’anomalia senza successori? Augurarselo è il minimo da fare, sperando che il prossimo terremoto avvenga nel 3.500 quando l’umanità sarà sbarcata su Marte e un altra decina di pianeti.
Vedi Napoli e poi…goditela
Dedicato ai napoletani autolesionisti, che praticano a capo chino e voce funerea la denigrazione della loro città. Si può credere ai social network, alle loro statistiche? Gli esperti dicono di sì e lo motivano, per l’orgoglio di chi ama Napoli perché caos storicamente rodato in secoli di gioiosa anarchia e amante generosa, sensuale, gioiosa, altera. Madre e sorella, matrigna e sorellastra, ma in ogni ruolo splendida, accogliente. La racconta l’Osservatorio su turismo e marketing di Bruxelles che ha messo giù una classifica delle città “più osservate, amate, desiderate d’Italia in Europa”. Napoli seconda solo a Londra. Il riferimento è al settembre appena trascorso. Napoli con la promozione via Internet ha raggiunto sei milioni di persone. Attrattori speciali del turismo i musei, la sua storia, i castelli, il magico lungomare, la gastronomia. Non è un caso se la città diventa sempre più location di film e fiction, di letteratura d’autore. E cresce l’offerta di alberghi e B&B, ristoranti, strade dedicate allo shopping. L’inchiesta omette, per fortuna, il grave gap di Napoli nei confronti delle grandi del mondo che ogni sera offrono ai turisti la tradizione della musica locale (jazz, fado, flamenco, samba), in luoghi dove si esibiscono in permanenza gli artisti. La canzone napoletana è l’illustre protagonista di un’omissione imperdonabile
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