E’ noto, sembrerebbe divertente, ma basta valutarlo da un punto di osservazione meno superficiale e si cataloga come triste e penoso: l’aneddoto, in breve, racconta di un uomo d’affari milanese, a Napoli per un meeting di manager. Durante la pausa caffè delle undici si sgranchisce in via Partenope e scorge un giovane prestante che beato si crogiola al sole, steso sul muretto che delimita la scogliera. “Giovanotto, scusi se mi permetto, perché a quest’ora non è al lavoro? Se lo procuri, se ne appropri e nel tempo può ingrandire la sua attività” “E poi?” “Poi può aspirare a un ruolo di manager, guardi me” “E poi?” “Una volta affermato e finanziariamente a posto potrà finalmente riposare” “Troppa fatica, già mi sto riposando” Il giovanotto confida poi all’uomo del Nord di aver cercato lavoro per anni senza trovarlo. E tra dieci, venti, cinquant’anni, quando la tecnologia robotica avrà decimato l’esercito degli uomini che movimentano le dinamiche del lavoro, il mondo saprà inventare alternative, o si dovrà dar fondo alle riserve finanziarie degli Stati per garantire la sopravvivenza dell’umanità con il salario garantito a disoccupati vecchi e nuovi? La riflessione collaterale è utile per indagare la ricaduta del nuovo modello di produzione sulla condizione sociale di quanti saranno espulsi dai luoghi di lavoro e sulla rivoluzione delle relazioni sindacali delle imprese. Già ora vacilla l’equilibrio psicofisico di chi perde o non ha mai trovato il lavoro e degenerazioni estreme di quanti finiscono per delinquere, spinti dalla frustrazione. Cosa cambierà nel rapporto imprese-sindacati se la quota di automazione affidata ai robot assumerà proporzioni rilevanti? Gli automi, per quanto la tecnologia potrà renderli “intelligenti”, non potrà certo rivendicare sindacalmente orari e condizioni di lavoro, protestare, scioperare. Una pacchia per gli imprenditori, un’arma impropria da usare contro i lavoratori in carne ed ossa con il ricatto della sostituzione con un signor robot, disciplinato, obbediente e zero rivendicazioni. Questa stagione dell’uomo non è così lontana. In molte fabbriche a conduzione innovativa l’automazione è già in atto da tempo e sempre più sostitutiva dell’uomo per funzioni elementari e in misura minore sofisticate. Robot agevolano il compito dei chirurghi, di molti lavori di precisione, non hanno bisogno di pause pranzo e caffè o per bisogni fisiologici, garantiscono senza cali di rendimento prestazioni standard ottimali, non rimangono incinti e non chiedono licenze per assistere i neonati, non si ammalano e qualche loro rotella in tilt si fa presto a sostituirla. La prospettiva per le giovani generazioni sarà fortemente condizionata da inedite capacità creative (qualcosa è già in fieri), in grado di inventare il futuro come antagonisti in positivo della robotica. Altra cosa è il settore che in campo medico consente preziosa innovazione nella chirurgia mini invasiva ed eccezionali livelli di funzionalità nel settore delle protesi, per soggetti che hanno perso l’uso di mani e gambe. Dovremo comunque imparare a convivere con il sistema complesso e in continua evoluzione dei robot, oramai prossimi ad emulare facoltà umane e in qualche caso pronti a sostituirle.
Luciano Scateni
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