Una vecchia zia con problemi di compatibilità con la dentiera, cinque, forse sei parenti stretti, che sperano di trarre utilità dalla sindaca di famiglia, un paio di fanatici pentastellati, quattro internauti che cliccano su ogni richiesta di “mi piace” postata sul loro sito Facebook, sei cittadini obnubilati dall’antipolitica strillata dai rampanti del direttorio adottati dal “comico” genovese e, ovvio, il personale sì. Doride (tutto un programma il nome di battesimo) Falduto, in arte competitrice nella battuta di caccia per sedere sullo scanno più alto del consiglio comunale di Monza cinta della fascia tricolore, ha sbaragliato il campo dei concorrenti grillini ed è la candidata del Movimento. A volerla sindaca, secondo la dizione da rivoluzione francese dei suoi “superiori”, dice che sono i “cittadini”. Un esercito? Migliaia, centinaia, molte decine? La Falduto è donna votata alla sobrietà, un’antienfasi. Ha frenato così l’entusiasmo dei monzesi: “Non voti ma opere di bene”. “Clic, solo quanti bastano”. L’hanno presa in parola e la tipa diventa candidata a sindaca di un importante comune lombardo con lo stratosferico consenso di venti voti. Il suggerimento è di votarla, di eleggerla. La sua idea del “pochi ma buoni!” dovrebbe ricadere sul bilancio comunale, ridotto all’osso in nome del risparmio. Della sobrietà, di una gestione all’Arpagone, l’avaro di Molière.
“Salvini, Napoli non ti vuole”
Spieghi, il rude Salvini, la matrice dell’odio razziale che da Roma in su ha generato mascalzonate antimeridionali. AAA. Fittasi appartamento. All’avviso di proprietari centro-nordisti hanno risposto invano famiglie di lavoratori emigrati dal Sud. Il sottotitolo degli annunci ammoniva “No ai meridionali”. Da querela collettiva sono poi i cori e gli striscioni negli stadi di mezza Italia, di recente nello Juve Stadium, rivolti ai napoletani, definiti colerosi, da seppellire con una nuova eruzione del Vesuvio. In la notizia dell’insulto affidato a un volantino distribuito nelle vicinanze milanesi dell’Essellunga, nell’area riservata ai dipendenti. “Quando si presentano i famosi ‘napoletani’ alla vostra cassa, attenti, potrebbero truffare il supermercato con l’addebito sul conto di un vino scadente, mentre nella collo lasciato nel carrello ci sono vini costosi”. In poche parole, l’invito ai cassieri è di smascherare i truffatori “napoletani”. A Napoli c’è un caso Salvini. Il leghista che in molteplici occasioni ha insultato la città e i suoi abitanti nella sola lingua che conosce, quella della volgarità, ha deciso di provocarli con una manifestazione leghista annunciata con enfasi, come una sfida. Che Napoli sia una metropoli altalenante tra apatia e dissesto della sinistra storica giustifica, o forse no, la solitudine dei centri sociali nell’opposizione alla presenza del Carroccio. Certo, la città è stata espropriata di un fondamentale valore aggiunto della democrazia, della sua classe operaia. Ci fossero ancora, i caschi gialli dell’Italsider avrebbero contestato con tutta la loro combattività la discesa del leghista che strizza l’occhio, anzi tutti e due, alla destra xenofoba, razzista di Casa Pound, Storace, La Russa e affini. Il Pd, alle prese con un suo masochismo disfattista tace, fa sentire la sua voce ministeriale di Minniti per ammonire centri sociali e sindaco De Magistris contrari alla presenza di Salvini a Napoli. Città blindata, il Carroccio farà la sua manifestazione e probabilmente quanto l’ha preceduta in termini di ostilità ha fatto indirettamente il suo gioco di proclami contro l’intolleranza di chi la guida da Palazzo San Giacomo. Nessun dubbio, purtroppo un canone indiscutibile della democrazia è la libertà di espressione (esclusa l’apologia del fascismo di sostenitori molto vicini al leghista) e non si poteva impedire la presenza di Salvini a Napoli, ma neppure è condivisibile l’assenza di una contestazione plenaria della città più insultata dalla Lega.
Luciano Scateni
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