Sostiene Michele Serra (non è Pereira, ma è voce autorevole) che la faccia dell’ex cavaliere, rocciosa come i volti dei presidenti americani scolpiti nel monte Rushmore da Gutzon Borglum e il suo riverito nome inseriti nella lista elettorale ispirerebbe due milioni di italiani a mettere la croce del voto sulla scheda, nella casella di Forza Italia. Tutti smemorati i “Meno male che Silvio c’è?”. Può darsi.
Nel paese dei ciuchi, suggestionati dai proclami del comico genovese su onestà, rivoluzione etica della politica e “fuori dalle p…e chi ha le mani sporche”, nessuna meraviglia se l’elenco dei pochi eletti al governo di comuni italiani coincide con avvisi di garanzia, indagati e prossimi a rispondere nelle aule dei tribunali a reati connessi nel ruolo istituzionale ricoperto. Non citerò in questa nota le isteriche esternazioni del nuovo capo del Movimento (ho promesso di ignorarlo, convinto che anche parlarne male giovi alla sua visibilità) che con furba manovra diversiva rispolvera l’abusato alibi del complottismo.
Dirò dell’ultimo flop istituzionale dei pentastellati. Protagonista è l’osannata (dai 5Stelle) Appendino. Contrapposta strategicamente alla Raggi, che più sputtanata di così non si può, la prima cittadina di Torino è indagata e con lei il suo capo di gabinetto Giordana, l’assessore al bilancio Rolando, secondo incidente di percorso dopo essere finita al centro di un’inchiesta giudiziaria per il drammatico episodio di piazza San Carlo (un donna morta, oltre mille e cinquecento feriti).
Ora di che si tratta: falso in atto pubblica è l’accusa di cui deve rispondere anche la Raggi. La sindaca di Torino è accusata di aver utilizzato un trucco degno di abili prestigiatori. Per chiudere in pareggio i conti del comune che guida ha dimenticato di inserire alla voce passività il debito di cinque milioni di euro e lo ha dirottato al 2018. E come darle torto: la poverina, così dice l’indagine, ha inventato l’imbroglio “Nell’interesse della città”. Che significa? È come se un cassiere di banca, in preda al panico per un ammanco nei conti di fine giornata, rinviasse il riscontro al giorno dopo, o meglio, se riuscisse a far slittare la verifica spostasse il redde rationem a fine anno. L’Appendino ha messo una toppa al buco finanziario del comune inserendo alla voce attivi 19,7 milioni di euro della gara dì appalto per la riqualificazione di un’area ex industriale, ma senza sottrarre all’imponente cifra i cinque milioni anticipati dall’immobiliare Ream che ovviamente li reclama.
Raggi e Appendino procedono in buona (?) compagnia. Sono membri di diritto del nucleo di sindaci, come definirli, della stessa pasta di colleghi d’altri versanti politici messi alla gogna quando i 5Stelle non avevano ancora provato l’ebbrezza di governare enti locali. Prima dell’Appendino, oltre la Raggi (falso e rinvio al mittente, cioè respinto, il bilancio di previsione) sono indagati il sindaco di Livorno Nogarin (bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio, falso in bilancio), il sindaco di Bagheria (abusivismo edilizio, servizio rifiuti), Scurdi, sindaco di Alcamo (abuso d’ufficio e falso), a suo tempo la sindaca di Quarto Rosa Capuozzo (indagata per abuso edilizio e ricattata da un consigliere 5Stelle del comune al centro di infiltrazioni camorristiche). Tutto qui? Citiamo brevemente il capitolo parentopoli, che coinvolge l’europarlamentare David Borrelli (uomo di Casaleggio) e della sua compagna assunta la Parlamento da una collega, i consiglieri 5Stelle di Roma De Vito e Stefano gratificati con la nomina (retribuita) delle mogli ad assessore in due circoscrizioni, Barbara Lezzi, costretta a chiedere e ottenere le dimissioni della figlia del fidanzato assunta ad personam a fronte di ventimila domande con tanto di curricula. Eccetera, eccetera.
E’ stato Cristo a provocare i farisei: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Come molti altri moniti anche questo sembra estraneo al mea culpa del grillismo.
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