Il pari del San Paolo, in sintesi, è nell’unico pericolo corso da Reina in 93 minuti, per un’incursione di Jo Mario perfezionata da Icardi. In tuffo, Albiol hampeditoo agli azzurri di subire l’onta di un gol immeritatissimo. Il resto è nel bunker studiato da Spalletti, nella circostanza emulo del difensivismo estremo di Herrera, l’inventore di catenaccio e contropiede. Al Napoli non è mancata la pazienza e ha cercato per l’intero incontro di scardinare il muro eretto da Skriniar, D’Ambrosio, Miranda e Nagatomo integrati da Perisic, snaturato nel ruolo di difensore aggiunto, da Borja Valero Vecino e Gagliardini: Visivamente lo schieramento interista a protezione di Handanovic ha raccontato, fino al fischio finale di Banti, il mare di maglie nerazzurre dal centrocampo in giù e la pratica impossibilità di Mertens, Insigne e Callejon di bucare una linea Maginot così presidiata. Identica difficoltà hanno incontrato le produttive incursioni sulle fasce di Ghoulam e Insigne, impedite da raddoppi di marcature e spazi chiusi. Nonostante il chiaro disegno di Spalletti di adeguarsi al detto dei soggetti timorosi “primo non prenderle” il Napoli ha interrotto la fantastica serie di otto vittorie solo per un paio di miracoli compiuti da un immenso Handanovic su conclusioni destinate a finire in rete. Una considerazione, anche se solo fantasiosa, suggerisce l’idea che per una volta giocare in casa, nel San Paolo del tutto esurito, è stato per gli azzurri un handicap. A stadi invertiti Spalletti non avrebbe osato offrire al pubblico un’Inter “indietro tutta”, a vantaggio del Napoli offensivo che coniuga spettacolo e concretezza (ventisei gol fatti, cinque subiti).
Senza minutarlo, è vistosamente del Napoli il possesso palla, ancora una volta elegante, fatto di tocchi sapienti di prima, precisi come un ricamo. Purtroppo, contro una squadra messa in campo per sabotare in modo asfissiante il gioco del Napoli, finalizzare i picchi di supremazia territoriale si è rivelata missione impossibile. Pazienza, rimane inalterato il vantaggio di due punti degli azzurri sulla seconda in classifica. Pesa il rimpianto per due, tre opportunità di aver comunque ragione di questa Inter al risparmio. Gli azzurri, specialmente nel primo tempo, hanno dato spettacolo e l’avrebbero concluso in vantaggio se la fortuna avesse dato una mano. Per fare un esempio, per perfezionare un assist da favola di Hamsik per Insigne che, sbucato alle spalle della difesa interista, ha provato a finalizzarlo di testa, che in pratica è stato un passaggio al portiere, lento e centrale. Messo a terra, quel pallone, con i piedi buoni di Lorenzinho sarebbe finito in rete. Era il ventesimo del primo tempo e l’inerzia della partita avrebbe preso la direzione giusta per il Napoli e costretto Spalletti a rivedere in fretta la strategia difensivista, ad abbandonare l’obiettivo di non prenderle, a scoprirsi nel tentativo di rimontare: Insomma, manna per Mertens e compagni.
Nel secondo tempo il Napoli ha parzialmente pagato la stanchezza del tour de force campionato-Champions e non è riuscito a schiodare il risultato dal doppio zero. Forse è tempo perché Sarri trovi spregiudicatezza e soluzioni inedite, per consentire agli undici inamovibili di recuperare energie. In questo caso il rammarico per il secondo stop di Milik rivela quanto inciderà sul rendimento del Napoli alla distanza, quando tante partite peseranno sul futuro della squadra. Sarri ha la comprensibile tendenza a contare sugli automatismi dell’undici titolari per eccellenza, ma deve anche premunirsi per i momenti in cui, per un motivo qualsiasi, non potrà affidarsi agli interpreti del suo sofisticato calcio. Per disporre di alternative convincenti ai potenziali sostituti di Callejon-Mertens-Insigne, si devono garantire inserimenti probanti, ovvero novanta minuti in campo, almeno quarantacinque. La controprova c’è stata in questo sabato di anticipi. Insigne, poco allenato per il problema muscolare rimediato una settimana fa, è uscito nel finale e così Hamsik, così Allan, mentre sforzo finale avrebbe richiesto la loro integra presenza in campo. Sono ragionamenti a freddo, figli di rabbia per il no di Handanovic a Mertens. Al minuto 44, per una rara distrazione difensiva dell’Inter, il belga si è trovato a calciare il pallone dell’uno a zero a due passi da Handanovic: parata miracolo, che premia Spalletti oltre i meriti di Icardi e compagni.
Luciano Scateni
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