MARCIANISE. Intitolazione SLARGO PIETRO ZINZI: L'intervento di ANGELO AGRIPPA, nipote del PROFESSORE...






Articolo pubblicato il: 03/06/2018 18:38:57

Questa mattina, la intitolazione dello Slargo del Liceo Quercia, al professore Pietro Zinzi.

Lo apprendiamo dalla bacheca facebook del sindaco di Marcianise Antonello Velardi, Antonello Velardi 

"A Marcianise abbiamo oggi intitolato a Pietro Zinzi lo slargo dove fino a poco fa era costruita una casa abusiva, direttamente sul marciapiede. Abbiamo onorato un grande marcianisano, in un luogo simbolo della città. Trascrivo qui l'intervento di Angelo Agrippa, nipote di Zinzi. È un intervento che vale più di ogni commento

Carissimi concittadini,
Vorrei anzitutto ringraziare i promotori di questa iniziativa: il sindaco Antonello Velardi, l’assessore Tommaso Rossano e l’intera amministrazione comunale. Ringrazio, inoltre, voi tutti perché con la vostra partecipazione testimoniate non soltanto l’affetto sincero nei confronti di zio Pietro, di Pietro Zinzi. Ma ciascuno, in queste circostanze, ha la possibilità di gettare un seme per il futuro, condividendo ricordi personali che combinandosi tra loro contribuiscono a costruire, di volta in volta, un’unica, solida memoria collettiva.

Sono stato e resto particolarmente legato a Pietro e non soltanto perché suo nipote. Più che un parente, è stato per me un instancabile motore di esperienze, una stimolante presenza vissuta a volte come provocatoria, altre come esortazione continua a rompere la pigrizia e ad esplorare nuove mete. Con Pietro ho affrontato le prime avventure nel nord Europa. Anche assieme alle figlie Maria Paola ed Eliana e alla moglie Giulia. Forse con l’immaginifica effervescenza che spesso gonfia le storie dei viaggiatori alla Chatwin, raccontava di essere stato tra i primissimi italiani ad aver raggiunto la Lapponia in autostop. Riferì una volta di essere stato bruscamente allontanato da un villaggio lappone perché aveva tentato di sedurre la giovane figlia del capo tribù.

Pietro viaggiava per appagare una sorta di bisogno vitale: allacciare alla propria esperienza il sentimento e il vissuto di altre vite. Era affascinato dai giovani, soprattutto se come lui facevano l’autostop: ne abbiamo imbarcati a decine durante i nostri spostamenti in Ford Transit, ai quali offriva, anzi imponeva con la sua caparbia e insindacabile determinazione, un piatto di spaghetti al pomodoro preparato all’istante con i fornelli da campeggio. Mi torna in mente il Ford Transit: un furgone da 9 posti che lui aveva preferito alla comodità pratica delle utilitarie. Circolava con il suo pulmino in città, non certo per esibizionismo o per un inconfessato desiderio di gigantismo, ma per dar sfogo alla propria anarchica ospitalità e, dunque, affrancarla da qualunque limitazione.

La sua smania di condivisione oltrepassava spesso il recinto inviolabile della percezione proprietaria: ciò che era suo non lo considerava come titolarità esclusiva, ma doveva appartenere a tutti. E spesso pretendeva che avvenisse anche il contrario; purtroppo non sempre i suoi sconfinamenti venivano apprezzati.

Pietro possedeva una rubrica telefonica nella quale erano annotati centinaia di indirizzi: da Marcianise a Capo Nord aveva amici ovunque e quando pronuncio la parola amici voglio intendere che in un raggio massimo di 50 km vi era qualcuno che potesse accoglierlo come un fratello e ospitarlo. Con Pietro ho pernottato in lussuosi cottage dolomitici come in affollate camere di ostello e in tende canadesi allestite dentro boschi sguarniti di qualunque protezione. Ho goduto della sincera cordialità di tanti suoi amici stranieri. Ho imparato a confrontare senza pregiudizio la mia sensibilità con quella altrui: e mi riferisco ad un mondo molto diverso da quello attuale, non ancora globalizzato e senza frontiere, ma diviso e contrapposto.

Pietro Zinzi era nato nel 1927, è deceduto ad ottanta anni, ma di fatto non ha mai oltrepassato la linea d’ombra della gioventù, la soglia che ci consegna alla melanconia dell’incedere anagrafico, rimanendo saldamente aggrappato all’inesauribile fonte della curiosità. Avvertiva di possedere una forza esclusiva e salvifica: quella che lo spingeva a soddisfare di continuo la propria sete di libertà. Pietro è stato soprattutto un uomo libero prima di declinare i propri talenti in chiave artistica, attraverso i suoi dipinti, o dedicandosi alla ricerca sulle tradizioni rurali e sulla storia locale. Non ha mai smesso di inseguire il suo aquilone, il sogno di una libertà espressiva incontaminata e senza vincoli, in grado di nutrire il desiderio di cambiamento e di conoscenza.

Da giovane, tra le tante iniziative, organizzò con gli universitari la festa della matricola, il giro della Campania in bicicletta, si trasferì per mesi in Scandinavia dove, peraltro, è rimasto uno dei suoi compagni di ventura, Bruno Argenziano, un altro marcianisano, che a Stoccolma ha insegnato letteratura italiana. Pietro parlava inglese, francese, danese, finlandese: aspirava il sì scandinavo come un vichingo vero, al di là di quanto facesse insospettire la sua carnagione. Ma con l’età avanzata (mai matura, poiché mai si sentì anziano) ha continuato a sollecitare i giovani ad aggregarsi perché contribuissero a mantenere vivo il fuoco sacro della appartenenza identitaria e ad esortarli, nello stesso tempo, a ricercare le strade più avanzate verso la modernità e il progresso.

Ecco, è per tutto questo che ringrazio infinitamente chi oggi ha voluto ricordarlo consegnandone la memoria ai posteri, poiché l’intitolazione di questo largo a Pietro Zinzi, dove prima sorgeva una bizzarra casa sul marciapiedi e dove peraltro lui fece allocare il cippo borbonico per sottrarlo alla devastazione delle ruspe, è un atto di coraggio. È un atto di coraggio perché Pietro Zinzi non è un eroe di guerra, non è stato un personaggio della letteratura, tantomeno un Nobel, e fortunatamente non è neanche un martire laico o cristiano.

In tutta sincerità, credo che principalmente si sentisse diretta emanazione del genius loci marcianisano. Proprio così: figlio ed erede di una comunità che ha da sempre saputo coniugare abilità artigianale, ingegno artistico, creatività spontanea, energica animazione e sentimento forte di condivisione. E’ in questi termini che dobbiamo ricordarlo. La sua vita piena e dinamica rappresenta al meglio il senso di questa sintesi: di quell’attivismo scapigliato, ma anche infinitamente generoso, tipico della nostra gente. Una comunità che resta – e grazie anche al lavoro incoraggiante della attuale amministrazione comunale - orgogliosamente legata alla difesa delle proprie radici, delle proprie tradizioni e delle proprie potenzialità.
Grazie".

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