'Genius', con Jude Law e Colin Firth tra cinema e letteratura






Articolo pubblicato il: 16/11/2016 21:20:49

Libri e cinema si intrecciano oggi nell’articolo dedicato a un film ora nelle sale italiane. E’ uscito da qualche giorno ‘Genius’ film diretto da Michael Grandage. Protagonista della pellicola: Thomas Wolfe, esponente, forse non molto noto, della letteratura americana e Maxwell Perkins, editore della Scribner’s Sons. Jude Law (Tom Wolfe) e Colin Firth (Maxwell, ‘Max’  Perkins) , insieme ad attori di spessore, una su tutti Nicole Kidman, danno corpo alla descrizione della figura dello scrittore di ‘Angelo, guarda il passato’ e ‘Il fiume e il tempo’  e dell’editore che lo portò al successo. Lo scrittore morì molto giovane, e, come si vede bene dal film, visse facendo della scrittura il motivo principale della sua esistenza.  Nel film assistiamo all’incontro tra lo scrittore Wolfe e l’editor. Il lavoro di Wolfe è denso, corposo e il compito di Perkins diventa quello di snellirlo per renderlo ‘appetibile’ al pubblico. Gli amanti della lettura si trovano davanti due facce – indispensabili – della stessa medaglia. La genialità dirompente e vulcanica di uno scrittore che si strugge per cogliere l’essenza di ciò che lo circonda e l’editore, colui che ha il difficilissimo compito di avvicinare il pubblico a quel mondo, così profondo e complesso. Ne nasce una sorta di conflitto: tagliare, correggere significa snaturare la creatura di uno scrittore? Il lavoro di Perkins va di pari passo con quello di Wolfe: le visioni del giovane sono accolte dall’editore che pubblicò Scott Fitzgerald e Hemingway, ma che però, a sua volta, si sforza di portare l’autore sui binari giusti, per così dire. I due personaggi che finiranno col legare, sono agli antipodi. Controllato, razionale e misurato Maxwell; sognatore, poetico e struggente l’animo di Wolfe. Wolfe vuole raccontare l’America cogliendone ogni sfumatura scegliendo la prosa, senza però rinunciare alla poesia. Un esempio calzante che usa Tom per descrivere la sua scrittura è il jazz. Un ritmo basato sull’improvvisazione che travolge e a suo modo sconvolge i ritmi calmi e rassicuranti della letteratura classica.
E’ un film che parla di altri tempi, quando il lavoro dello scrittore e quello dell’editore erano diversi da oggi. Allora perché vederlo? Perché vedere qualcosa di non attuale? Perché entrare nelle pieghe di un dibattito storico ed estetico sulla scrittura, oggi che il pensiero per lo più deve essere sintetizzato in 140 caratteri? Per alimentare un senso di nostalgia e di sogno che inevitabilmente ci porterebbero a polemizzare con la realtà odierna? No. A mio parere film come questo sono dei ‘memento’, sono degli ideali post-it che possiamo attaccare alla nostra mente per ricordarci che di leggere non dovremmo mai stancarci, non per l’attività in sé sterile del girare le pagine e portare a termine un volume, ma per entrare all’interno di un romanzo, che sia del 2016 o del 1800, che sia Tolstoj o Wolfe, per coglierne appunto quell’essenzialità, quella verità profonda sul mondo che qualcuno ha tentato di riconoscere e portare alla luce. E in un periodo storico di ‘crisi’ della lettura e di, forse eccessiva, esternazione del superficiale, aprire un libro ed entrarci dentro è quanto mai utile e importante.
Francesca Surdi