Articolo pubblicato il: 08/12/2016 22:23:46
Cinema. Quando scegliamo di accomodarci e guardare un film di Clint Eastwood non stiamo semplicemente cercando di rilassarci o di emozionarci, non stiamo cercando i brividi o le lacrime. Almeno nel mio caso, guardare un film di Clint Eastwood accende una curiosità puramente intellettuale. Postura dritta, sopracciglia aggrottate, atteggiamento pensieroso, riflessione, concentrazione. Perché nei film di Clint Eastwood, e mi riferisco in particolar modo ai film degli ultimi anni, c’è sempre qualcosa da imparare o su cui riflettere. Insomma, piaccia o no, guardare un film di Eastwood dà sempre inizio a un esercizio critico. Si esce dalla sala curiosi di approfondire la vicenda che ci è stata raccontata e di parlarne e discuterne con gli altri. Solo per questa ragione si dovrebbe andare a vederlo. Poi, ovviamente, il film può piacere o meno. Non è questo il punto. Sono andata al cinema a vedere ‘Sully’, l’ultima fatica del regista dopo ‘American Sniper’, proprio con la curiosità di ascoltare la storia che stavolta ha scelto di raccontarci. Ricordate l’aereo che qualche anno fa atterrò d’emergenza sul fiume Hudson? La vicenda raccontata è proprio questa. Un giorno di gennaio del 2009 un volo US Airways guidato da Chesley Sullenberger (Sully) termina il viaggio dopo pochi minuti. Impatto con uno stormo di uccelli nel cielo di New York, due motori vanno via e la scelta obbligata di ‘andare’ nell’Hudson. Impatto con l’acqua e ‘miracolo’: sono tutti salvi. Manovra di ammaraggio fatta nel migliore dei modi e 155 ‘anime’, come dice il comandante Sully, salve. Dopo la ricostruzione dei fatti, ci si sofferma su quanto accaduto in seguito. Innanzitutto la vicenda viene analizzata dagli esperti: si poteva evitare l'ammaraggio? C’erano alternative? E’ stato il male minore? C’è stato errore umano? Il comandante, 42 anni di servizio alle spalle, difende la sua scelta. Ma inevitabilmente serpeggiano in lui le domande. Mentre i mass media e l’opinione pubblica lo etichettano come un eroe, il dubbio si insidia in lui. Un dubbio umano, naturale. Ancora una volta: poteva andare diversamente? Il dubbio, così come l’errore sono la cifra della fallibilità umana, e anche il frutto dell’intelligenza. E ancora una volta ci troviamo davanti la sfida tra intelligenza umana e macchina, sfida dove a segnare punto in questo caso è di certo la prima. La buona riuscita della manovra e l’evidenza dei fatti fuga ogni perplessità.
La trama del film si ferma a raccontare il fatto, non ci sono fronzoli, è netto, chiaro. Si sbaglierebbe a pensare a un documentario, comunque. Al regista non basta raccontare la tragedia sfiorata e le vite salvate. Vuole andare oltre e, come scrivevo, cogliere il lato umano della vicenda. Anche pensare, però, a una complessa analisi psicologica dei personaggi porterebbe fuori strada.
Passando al lato tecnico, la regia è neanche a dirlo una garanzia. Saggio l’uso dei flashback, effetti speciali minimi, anche se estremamente coinvolgenti. Non è un ‘disaster movie’, come si potrebbe pensare dal trailer. Anzi, a parere di chi scrive, sarebbe un torto al film considerarlo tale. Tocca a Tom Hanks vestire i panni del comandante Sully e la sua versatilità nel ricoprire ruoli spesso opposti è evidente anche in questa prova recitativa. Accanto a lui Aaron Eckhart (Jeff Skiles) e Laura Linney (Lorraine Sullenberger) Visione consigliata, non solo agli appassionati del regista de ‘Gli spietati’.
Francesca Surdi