Questo il testo del comunicato inviatoci: “Ieri grande successo all’ex chiesa dell’Annunziata per Carlo Croccolo, stasera toccherà a Michele Placido. I due artisti di rilievo nazionale aprono il XIII Festival nazionale – si legge nel comunicato- del Varietà “Jovinelli”, in programma nella città di Caiazzo e dedicato al grande Totò nel cinquantesimo anniversario della sua dipartita. Questa sera domenica 8 aprile “SERATA D'ONORE – Il Varietà incontra i classici” con Michele Placido protagonista di un recital tra poesia e musica che vuole essere un racconto, un dialogo tra artista e spettatori, dove il famoso attore interpreterà poesie e monologhi di grandi personaggi come Dante, Neruda, Montale, D’Annunzio e non – si legge nel comunicato- mancheranno i versi dei più importanti poeti e scrittori napoletani come salvatore Di Giacomo, Raffaele Viviani, Eduardo De Filippo, saranno accompagnati da due eventi collaterali che impreziosiranno ulteriormente il festival intitolato al famoso impresario teatrale di origini caiatine che fondò il teatro Ambra Jovinelli di Roma. Proprio durante lo spettacolo di questa – si legge nel comunicato- sera di Michele Placido, sarà conferito dal sindaco Tommaso Sgueglia all'attrice Irene Grasso il premio alla carriera “Giuseppe Jovinelli”, alla presenza anche della nipote diretta di Jovinelli, Loretta Gagliardini. Inoltre, da ieri sera èstata aperta al pubblico la mostra di Disparo allestita nell'auditorium della Annunziata di Caiazzo per l’intera durata – si legge nel comunicato- della kermesse, e curata da Gennaro Marrone, padre di Antonio, un giovane pianese prematuramente scomparso a 18 anni la scorsa estate. Gennaro esporrà disegni e dipinti di Antonio, che frequentava il Liceo Artistico di San Leucio, un ragazzo speciale nato con una disparità fisica che non ha mai accettato la comune accezione della parola “disabile”. Lui, infatti, di abilità ne aveva tantissime, tra cui il disegno, la scrittura e la passione innata per la storia (e per il Napoli!). Antonio ha coniato il termine “disparo” per indicare tutti coloro che, come lui, sono nati con disparità fisiche. Con questa parola, con – si legge nel comunicato- cui si identificava e che voleva far conoscere al mondo, Disparo voleva dare dignità ad una categoria, quella dei pluriabili, che spesso viene identificata, secondo Antonio in modo troppo approssimativo, con termini come “disabile” o “diversamente abile”. “Antonio ha scelto di chiamarsi Disparo perchè lui non si sentiva disabile, ma aveva una disparità fisica. Attraverso i suoi disegni, voleva trasmettere i forti messaggi di una categoria di persone che vive la sua diversità attraverso l’arte,” commenta il papà Gennaro. La vita e l’arte di Antonio hanno un grande valore socio-pedagogico, che traspare proprio attraverso la mostra curata da Gennaro. “Antonio non lasciava nulla al caso,” spiega – si legge nel comunicato- Disparopapi, suo padre, perché “in tutti i suoi disegni, c’è un chiaro messaggio: vivere la vita con gioia, nonostante tutti i problemi.” Antonio voleva essere un ponte di comunicazione tra i cosiddetti “normali” e i “dispari”, trasferire l’anima da una persona all’altra, dando vita a scarabocchi che portano con sè significati profondissimi. Antonio scriveva poesie, sognava di fare tante mostre, di comunicare a tutti quell’umanità che portava dentro di sè. Nell’ultimo periodo della sua vita, Disparo disegnava principalmente in bianco e nero: attraverso i suoi disegni, che spesso rappresentavano volti inespressivi, Antonio comunicava quella distanza dalla vita che piano stava – si legge nel comunicato-cominciando a sentire.”Antonio provava desideri comuni, come ogni ragazzo, ad esempio quello di avere la barba,” spiega Gennaro. “Cosi ha cominciato a disegnare volti con la barba, sperando che un giorno sarebbe cresciuta anche a lui. Gli ultimi disegni, pieni di umanità, sono alquanto visionari,” spiega suo padre, a cui Disparo amava raccontare la sua arte e fare tante curiose domande. Durante la mostra, si raccoglieranno le adesioni per la Fondazione Disparo, in memoria di Antonio, con cui suo padre spera di poter raccogliere dei fondi per fare beneficenza e acquistare macchinari costosi, di cui ragazzi come Disparo hanno – si legge nel comunicato- bisogno ogni giorno. Gli artisti potranno anche non esserci più fisicamente, ma la loro arte vivrà per sempre. L’arte, infatti, fa vivere eternamente chi la realizza. Un disegno può lasciare un segno che non andrà mai via, come ha fatto Antonio, che rivive nei colori, nelle pennellate e nei profondi significati nascosti che esprimeva con la sua arte. La mostra, realizzata con la collaborazione degli alunni e dei docenti della VA, indirizzo di Arti Figurative del Liceo Artistico di San Leucio”.
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